La faccia di chi ha incontrato Dio

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig

 

Il cristiano non si oppone a chi non riconosce Dio, ma testimonia con la sua vita che Dio c’è.

di Ernesto Olivero


Nei giorni scorsi le prime pagine e notizie dei mass media hanno dato spazio alla campagna per sostenere l’ateismo. Era partita in Inghilterra a novembre: la sceneggiatrice televisiva Ariane Sherine aveva lanciato una sottoscrizione per poter tappezzare i bus inglesi con la scritta “Probabilmente Dio non esiste. Adesso smettila di preoccuparti e goditi la vita”. Sperava di raccogliere 5.500 sterline, in pochi giorni ne ha raccolte quasi 100.000. Questa iniziativa è stata poi ripresa a Washington, a Barcellona e ora in Italia, con qualche variante nello slogan: “La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno”. Dal 4 febbraio girerà per un mese su due bus di Genova, costo 8.000 euro.

Se noi cristiani riuscissimo a entrare nell’abbandono fiducioso a Dio avremmo tutti la faccia raggiante. La faccia raggiante di chi ha incontrato Dio. Può esserci tutta la pubblicità, tutti i servizi speciali sul fatto che Dio non esiste, su tutte le malefatte che sono avvenute ingiustamente nel nome di Dio, ma la nostra faccia parlerebbe, il nostro silenzio parlerebbe. Mi auguro che sui giornali, sui media non ci sia una rincorsa a dimostrare che le persone che appoggiano questa campagna sbagliano. Mi auguro veramente che tutti noi preghiamo per quelle persone, amandole, perché noi sappiamo che Dio esiste: Dio è la nostra speranza, è la speranza del mondo.

don_luciano_mendes.jpg La nostra faccia, il nostro comportamento possono aiutare altri a credere. Sono convinto che tutti noi dovremmo imparare da un grande amico, Dom Luciano Mendes, (foto) che diceva: «Sono solo un povero prete diventato vescovo per servire i poveri». Ognuno di noi dovrebbe fare un biglietto: sono solo un povero bancario, diventato impiegato per servire i poveri; sono solo una povera maestra diventata maestra per servire i poveri.

Nel volto dei poveri c’è il Dio che soffre. Io che ho un po’ di forze, un po’ di soldi, un po’ di tempo li dono a loro, per amore, senza dover attaccare manifesti, senza dover fare conferenze, perché il mondo è fatto per la luce, ma se le luci si spengono il buio occupa uno spazio. Come la luce, che è fatta per essere accesa, diventa buio se la spegniamo, anche la speranza è speranza nella misura in cui io ci credo, nelle condizioni in cui sono. A volte sono molto forte, a volte sono molto debole, ma non c’entra, il filo della speranza comunque mi illumina, comunque si fa sentire.

Stiamo vivendo un momento privilegiato. Un momento in cui noi non dobbiamo fare nulla se non accendere la luce che c’è dentro di noi. E la luce mi illumina, mi fa capire se occupo il mio tempo per me o per gli altri e se sono luce mi viene voglia di occuparlo per gli altri. Se sono operaio aiuterò da operaio, se sono disoccupato aiuterò da disoccupato. Quante volte abbiamo detto davanti ai tanti poveri in Brasile che abbiamo incontrato nelle favelas, nelle zone agricole, all’Arsenale della Pace che nessuno è così povero da non poter aiutare gli altri! Anche un povero può essere un po’ gentile, può avere un po’ di pazienza in più, può passare un po’ di tempo con un povero più angosciato di lui. Proponendo questo non siamo mai stati picchiati o derisi, perché i poveri vedevano e vedono che siamo al loro servizio, vogliamo loro bene, ci vedono costanti nel servire, nello sperare in un mondo migliore insieme a loro.

Questo momento molto triste mi deve far decidere di accendermi ancora di più, di essere ancora di più a disposizione del Signore: “Signore tu mi conosci, sai che oggi sono stanchissimo, sai che oggi sono arrabbiato, sai che oggi non sto bene, ma voglio essere un tuo strumento”. Possiamo avere tutti i malanni possibili, ma ci offriamo al Signore così come siamo. E il Signore proprio in questi momenti gradisce le offerte di chi non avrebbe voglia di ascoltare e invece ascolta, di chi vorrebbe star chiuso nel pessimismo e invece punta sulla speranza, di chi incontrando un vero cristiano riprende vigore. Il Signore vuole che partiamo da noi stessi, non da noi che siamo già santi, da noi che siamo già perfetti, ma da noi che siamo così come siamo e ci affidiamo a Lui.

Allora questo momento apparentemente duro ci fa diventare più buoni. Questo momento in cui il pessimismo vuol prenderci da tutte le parti noi diciamo: “Signore io confido in te, solo tu hai parole di vita eterna e, se vuoi, aiutami ad essere parola per chi sta cercando qualche cosa di importante, aiutami ad essere consiglio”. I consigli del Signore non si imparano in un corso per vocazione, in un corso per imparare ad amare. Si imparano quando chiunque di noi dice Signore : tu mi conosci, sai tutto di me, se vuoi... E se il “se vuoi” è vero il Signore opera, ci dà parole autorevoli, ci dà indicazioni nuove, ci dà di essere fiammifero perché altri si possano accendere, altri possano fare bella figura. Vuole che diventiamo un pezzo di legno con la capocchia particolare per accendere gli altri.

Dovremmo ringraziare il Signore per quella pubblicità che si sta facendo contro di lui perché ci dà modo di prendere maggiormente consapevolezza che molte persone vivono non sapendo che c’è una luce, non sapendo che c’è un Dio che li ama.
Dovremmo sempre più amare. Amiamo proprio quelle persone che rifiutano Dio e diamo al Signore la nostra disponibilità: “Se vuoi..., faremo quello che vuoi tu e ti diamo nuovamente carta bianca perché tu possa scrivere su di noi quello che vuoi”. Per intanto vogliamo servire maggiormente i poveri.

 

 

 

 

 

 

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