L’uomo gentile

Pubblicato il 16-10-2023

di Max Laudadio

Amicizia, fiducia e gratitudine ogni volta che incontro Mauro

Ogni quindici giorni vado a fare la spesa in un posto magico.

La Monda di Arcisate, in provincia di Varese, nasce come centro di accoglienza per ragazzi con disabilità cognitive e utilizza l’agricoltura biodinamica come principale attività per i suoi ospiti. Questa bella pratica ha contribuito a una crescita esponenziale di questi “speciali contadini” facendo acquisire loro conoscenze, indipendenza ma principalmente dignità.

Mauro lavora nel piccolo negozio interno, in una sorta di boutique di prodotti provenienti dai loro campi, e con maestria e gentilezza si occupa di proporli e venderli, senza mai dimenticarsi qualche consiglio utile su come cucinarli al meglio. Ogni incasso del negozio serve a finanziare parte della gestione dell’intero Centro, ed è per questo che uscendo da lì con le buste di carta colme di verdure, frutta o di qualsiasi altro prodotto confezionato ma accuratamente selezionato per la sua qualità, la sensazione è quella di aver contribuito un po’ al benessere di questi ragazzi.

Mauro ha una cinquantina d’anni e fino a poco tempo fa faceva tutt’altro. Poi, forse deluso o forse alla ricerca di un benessere diverso, ha mollato tutto e ha deciso di occuparsi a tempo pieno del piccolo angolo di paradiso dentro La Monda. Ama la natura, le scalate in bici sulle montagne limitrofe, le lunghe chiacchierate, e la gentilezza. È un uomo speciale, e non per qualcosa di straordinario che è riuscito a raggiungere, lo è per la sua semplicità, l’amore che dona, e la passione con la quale ha deciso di vivere.

Lo conosco da molto tempo, e ogni volta che ci incontriamo provo un senso di amicizia, di fiducia, ma an-che di gratitudine.

La settimana scorsa Mauro mi ha accolto in negozio con la sua solita gentilezza e il suo solito sorriso, biglietti da visita preziosi che dovremmo imparare a collezionare, e dopo i saluti di rito colmi di abbracci e racconti personali, il prezioso commesso mi ha spiazzato.

«Max, volevo telefonarti perché ho bisogno di un tuo parere».

Sottolineo, non ha detto “consiglio” o “suggerimento”, ha detto parere. Così, molto incuriosito ho chiesto su cosa avrei dovuto esprimere quel parere. «Devi sapere che…» – la frase è uscita dopo un lungo respiro, come volesse caricarsi prima di parlare – «…io non sono mai stato tanto vicino alla fede. Ma ultimamente mi capita di sentire il desiderio di pregare! Tu che ne pensi?».

Vorrei provare a farvi immaginare cosa ho provato. Inizialmente ho sentito il petto aprirsi, come se quella fede per lui così sconosciuta esplodesse in me a ricordarmi che era lì per supportarmi; poi la commozione mi ha bagnato gli occhi, ma ho finto che non fosse collegata alla sua frase; infine avrei voluto abbracciarlo di nuovo ma in quel momento la distanza tra noi, lui stava imbustando delle zucchine al banco della verdura e io stavo selezionando dei formaggi di capra nel frigo, non me lo ha permesso.

Non è importante cosa ci siamo detti nell’ora successiva, in cui ci siamo scambiato pareri, pensieri, esperienze e forse anche qualche inesattezza storica, è fondamentale capire invece perché mi sono sentito di dire a lui che era già un ottimo cristiano, doveva solo riconoscerlo e approfondire il perché.

Mauro aveva già deciso di farlo e aveva iniziato a leggere alcuni testi sacri, anche se forse erroneamente era partito da tomi troppo difficili come inizio, ma la cosa importante era che riuscisse a dire sì a quella chiamata con la consapevolezza che per definirsi credenti non serve avere un curriculum con l’elenco dei testi letti, o essere a conoscenza di tutta la teoria, né tantomeno è sufficiente andare ogni domenica a messa. Nei cristiani contano solo i fatti. Ogni nostra azione deve parlare di Dio, mantenendo concretezza, verità, sincerità, a volte anche se qualche scelta risulta scomoda o difficile da accettare perché non conveniente. Le nostre azioni devono essere sempre un dono per gli altri.

Ecco perché ritengo che Mauro sia più cristiano di tanti altri. Un tempo si chiamavano farisei, oggi il mio vecchio amico don Silvano li chiama domenichini, ma la sostanza non cambia. Un cristiano lo si deve riconoscere dagli occhi.

Mauro sorride, è gentile con tutti, abbraccia con amore i suoi amici disabili, li accompagna nel loro percorso verso la dignità, ha scelto un lavoro che alimentasse l’anima piuttosto che rincorrere uno stipendio che rischiava di schiacciarla.

Lui è già cristiano. Perché ama, sempre, indistintamente.

Max Laudadio

NP Agosto-Settembre 2023

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