A misura d’uomo

Pubblicato il 26-05-2024

di Max Laudadio

Ho vissuto quasi ven­ti anni a Milano, la città della moda, dell’innovazione, dei grattacieli; della multicultura­lità, delle novità in ogni campo e anche sede delle prossime Olim­piadi invernali. Milano è tutto e ha tutto. Decine di teatri, cinema, discoteche, ristoranti e pub; ma anche gallerie d’arte, centri cul­turali, negozi, supermercati, oltre alle metropolitane, a due aeropor­ti, alle tangenziali, e tutto quello che un uomo non riuscirebbe mai utilizzare o visitare in una sola vita.

Se ti fai travolgere da Milano però, rischi di non sapere più chi sei. Quando ho deciso di an­darmene, sostituendo questa fre­netica città con la tranquillità di un piccolo paese montano, non mi ero ancora veramente reso conto di cosa mi avesse privato. E non parlo solo del blu del cie­lo o della bontà dell’aria che re­spiravo; o anche semplicemente dei colori della natura diversi in ogni stagione; parlo di amicizie, di veri incontri, di scambi sinceri. Parlo della difficoltà di sviluppare quell’amicizia sociale tanto vo­luta da papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti.

La grande città offre servizi ma complica le relazioni, crea diffi­denza in chi non conosci e paura in chi è diverso. Ammalia con le sue opportunità ma è anche origi­ne di competizioni sleali. Protegge i furbi e spesso delude gli onesti. Ma la cosa più grave, è che la grande città non ha tempo da per­dere, e questo nell’amore, moto­re principale dell’amicizia, anche quella sociale, è un enorme limite.
Non voglio affermare che Milano sia diventata solo la patria dell’e­goismo o degli interessi persona­li, credo solo che le grandi città, con tutto quello che ostentano, rischiano di sottovalutare le reali necessità di ogni singolo essere umano, indirizzandolo a uno sti­le di vita egoistico.

La bellezza e la redditività di un grattacielo ha valore se nessuno dei suoi inquilini si co­nosce? Come si può non parlare di dramma sociale quando un meraviglioso ponte che attraversa la città diventa anche il tetto di decine di persone che ci dormo­no sotto? Le relazioni umane non si creano con opere maestose, ma con proposte semplici di dialogo, ascolto, incontro e sussidiarietà, capace di superare le iniquità che caratterizzano il nostro vivere. E spesso la città se ne dimentica.

La prima volta che sono entra­to nel bar del piccolo paese in cui abito adesso, ne sono usci­to frastornato. Tutti i presenti hanno voluto conoscere i nuovi arrivati. Da subito ho capito che lì i legami tra le persone erano consuetudine; tutti conosceva­no la vita di tutti, nel bene e nel male, nessuno si sarebbe mai po­tuto nascondere, anche volon­tariamente. Con il passare dei giorni, dei mesi, degli anni, con le abitudini che sono diventate quotidiane e con davanti le solite persone, mi sono reso conto che la semplicità di quella realtà arric­chiva infinitamente la mia anima. Le priorità che inseguivo in città piano piano sono andate a scom­parire, lasciando spazio al deside­rio di conoscere e di approfondire quelle nuove semplici amicizie.

Il tempo mi ha fatto capire che la differenza delle origini, delle abitudini, delle esperienze vissute, del grado di scolarizzazione, dello status sociale, e di tutto quello che sembrerebbe poter creare distanza tra le persone, in fondo non hanno nessun valore davanti all’unicità di ogni singolo essere umano. Qui l’amicizia sociale trova terreno fer­tile, diventa normalità, desiderio, aspirazione e vita.

Servono luoghi dove apparte­nere vince sull’apparire, dove condividere trova la meglio sul conquistare, dove ricevere è sino­nimo di dare. Certo, nessun luogo è perfetto, ma ne esistono molti dove Si comincia da UNO, e dove quell’uno siamo NOI.


Max Laudadio
NP aprile 2024

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