Il tempo della responsabilità

Pubblicato il 08-06-2023

di Chiara Genisio

«Un compito, o meglio una missione»: così nel 2018 papa Francesco aveva definito il lavoro del giornalista, ricevendo in Vaticano una delegazione dell’Unione Stampa Periodica Italiana e della Federazione Italiana Settimanali Cattolici (FISC).
Per Francesco si tratta «di offrire a tutti una versione dei fatti il più possibile aderente alla realtà», operazione che è fondamentale per la costruzione di una società democratica in cui tutti i cittadini possano attivamente e responsabilmente concorrere al bene comune, ossia al bene di tutti e di ciascuno.

Il giornalista che si definisce cattolico vive questo aspetto professionale anche come forma di evangelizzazione, non nel senso di alterare il racconto per compiacere la gerarchia o interessi particolari, occultando gli aspetti negativi o travisando la realtà sostanziale dei fatti.
Sono passati cinque anni e il ruolo dell’informazione come pilastro della democrazia è sempre di più all’ordine del giorno anche per il dibattito per il 60° dell’Ordine professionale. Ma lo è anche il confronto se questo è ancora un mestiere per i giovani.
Di recente padre Giuseppe Riggio, consulente ecclesiastico dell’UCSI e direttore di Aggiornamenti sociali ha scritto su Desk (la rivista di approfondimento dell’Unione Stampa Cattolica Italiana) un interessante commento, in cui evidenzia che «nell’attuale sistema informativo, è molto forte la richiesta di un aggiornamento costante e in tempo reale del flusso di notizie.

Si è costretti a inseguire l’ultima notizia, quella che campeggia su tutte le altre, molto spesso senza avere il tempo per verificarla, ritracciarne la storia, inquadrarla nel suo contesto, offrirne una lettura ragionata. L’incalzante ritmo delle notizie finisce così per far scivolare verso l’omologazione dei temi affrontati e del modo in cui sono trattati. A questo aspetto se ne aggiunge un altro: all’interno delle redazioni si riduce – talvolta quasi sparisce – il tempo che si può dedicare al confronto, alla discussione, per scegliere gli argomenti da approfondire al di là di quelli che vanno in prima pagina.

Anche in questo caso, la mancanza di tempo e l’assenza di uno scambio si ripercuotono in modo inevitabile su quello che si sceglie di comunicare e la lettura che ne è offerta. In questo modo, proprio nelle redazioni, nei luoghi in cui si “cucinano” le notizie, viene meno la possibilità di offrire un servizio di qualità, accurato, plurale nelle sue espressioni.
Su questa situazione pesano le modalità dell’informazione di oggi, così come la diminuzione delle risorse economiche disponibili nel settore, che porta al ridimensionamento delle redazioni».

Padre Riggio in poche righe ha evidenziato alcuni dei “mali” che affliggono oggi il mestiere/missione dei giornalisti: la fretta e la crisi economica che segna pesantemente il settore editoriale. Una fretta però che non colpisce solo gli addetti ai lavori, sempre di più il lettore si affida ai social e ai siti scorrendo velocemente più i titoli che i contenuti e si diffonde l’idea che l’informazione deve essere gratuita.
Il cambiamento radicale nel mondo dell’informazione in un delicato equilibrio tra stampa e digitale, tra social e radio-TV, che stiamo vivendo non riguarda solo gli addetti ai lavori, ma ciascun cittadino. È arrivato il tempo della responsabilità.

La responsabilità di chi firma una notizia, che deve essere verificata e approfondita, ma anche la responsabilità di ciascuno nell’informarsi da fonti serie e autorevoli. I giornalisti che vogliono salvare la professione sono chiamati, in qualche modo, a diventare editori di se stessi e a costruire un nuovo solido patto con i lettori. Non è facile, ma il momento può essere propizio. C’è la necessità di un cambio di paradigma reale e profondo nel racconto della realtà ed è un bisogno avvertito in tutta Europa.

Responsabilità è stata anche la parola chiave di un recente dibattito a Torino promosso in occasione della festa di San Francesco di Sales (patrono dei giornalisti), dall’UCSI Piemonte con la FISC. Un’occasione formativa per approfondire le difficoltà e le insidie del giornalismo, ma anche la passione per uno dei mestieri più belli del mondo. Formare nuove generazioni di giornalisti è essenziale per garantire un futuro a un’informazione capace di essere il polmone della società democratica. Ma è altrettanto vero che, perché questo accada, la stessa informazione deve dare dignità, lavoro (retribuito) e quindi un futuro ai giovani.

Se questo non succederà, la sopravvivenza del giornalismo sarà davvero una missione impossibile e a vincere saranno le fake news divulgate per interessi particolari mettendo così seriamente a rischio il nostro sistema democratico. La buona notizia è che sono in crescita incontri, dibattiti, riflessioni sul giornalismo.
E non è solo un lamento, seppur ancora come piccoli germogli, stanno fiorendo proposte, nuovi stili, volontà di affrontare il cambiamento con professionalità. In una formazione continua che non dovrebbe mai abbandonare chi svolge un ruolo così delicato come è quello di dare voce, dopo aver ascoltato.
 

Chiara Genisio
NP marzo 2023

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