Diritto all’affettività

Pubblicato il 20-03-2024

di Chiara Genisio

Sicurezza e affettività sono in contrasto dentro le mura del carcere? Non più. Una recente sentenza della Corte costituzionale, dopo molti anni di dibattito, sostiene il diritto all’affettività come segno di civiltà. Leggendo la sentenza emerge con chiarezza la posizione della Corte: «La pena non può essere contraria al senso di umanità» perché «una pena caratterizzata dalla sottrazione di una porzione significativa di libera disponibilità del proprio corpo e del proprio esprimere affetto sarebbe altresì contraria al senso di umanità e incapace di assolvere alla funzione rieducativa, con conseguente violazione dell’articolo 27 della Costituzione» che prevede che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. «L’impossibilità – prosegue la sentenza – di coltivare in modo pieno le relazioni affettive potrebbe anche negativamente incidere sulla continuità e sulla saldezza dei legami familiari del detenuto». Un diritto all’affettività già riconosciuto in diversi ordinamenti europei, ma che non avrà tempi brevi nel nostro Paese, dove troppi istituti di pena detentivi soccombono per sovraffollamento, dove i detenuti non hanno adeguate cure mediche, accesso all’istruzione e al lavoro. È la stessa Corte che ammette di essere consapevole dell’impatto che avrà la sentenza negli istituti penitenziari, come anche «dello sforzo organizzativo che sarà necessario per adeguarsi a una nuova esigenza relazionale». La possibilità di mantenere vivo un rapporto affettivo famigliare sarà un elemento che ridurrà il rischio di recidiva, creando invece le condizioni per un reale reinserimento nella società a pena conclusa. Secondo la Corte quindi «può ipotizzarsi che le visite a tutela dell’affettività si svolgano in unità abitative appositamente attrezzate all’interno degli istituti, organizzate per consentire la preparazione e la consumazione di pasti e riprodurre, per quanto possibile, un ambiente di tipo domestico.

È comunque necessario che sia assicurata la riservatezza del locale di svolgimento dell’incontro, il quale, per consentire una piena manifestazione dell’affettività, deve essere sottratto non solo all’osservazione interna da parte del personale di custodia (che dunque vigilerà solo all’esterno), ma anche allo sguardo degli altri detenuti e di chi con loro colloquia». Non tutti potranno beneficiare di questo diritto all’intimità, ne saranno esclusi tra gli altri i ristretti con il 41 bis, o per motivi di sicurezza e per ragione di ordine pubblico, per esigenze giudiziarie.


Chiara Genisio
NP febbraio 2024

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