Il nostro futuro

Pubblicato il 15-03-2024

di Luca Jahier

Nel 2024 mezzo mondo va al voto, dal rinnovo del Parlamento europeo alle presidenziali USA, passando per India, Russia, Sudafrica: 60 Paesi, oltre 4 miliardi di abitanti. In gioco ci sono gli equilibri geopolitici in ebollizione, lo scontro tra autocrazie e democrazie oggi sotto assedio anche al loro interno, il futuro del commercio mondiale, la capacità di far fronte alle grandi sfide del pianeta, dal cambiamento climatico alla povertà e la pace. L’Europa si trova in mezzo e siamo chiamati a scegliere, se prendere il largo o consegnarci alla frantumazione, all’irrilevanza e decadenza.

Una cosa è ormai chiara: sono finiti i tre presupposti sui quali si è basata la prosperità europea, cosi come la pace e le libertà democratiche. Non possiamo più affidarci agli Stati Uniti per la difesa e la sicurezza; alla Cina per l’export e le forniture a basso costo dei processi industriali; alla Russia per l’energia. In un quadro peraltro in cui si è gravemente incrinato il sistema di governo delle relazioni internazionali. L’Europa si trova a dover formulare risposte cruciali a sfide strutturali e dirimenti.

Da un lato quelle prodotte da una superpotenza imperiale nucleare a Est, la Russia di Putin, che con la forza e la guerra vuole imporre la propria logica contro ciò che l’Europa oggi rappresenta, senza più alcuna remora di fomentare e appoggiare ogni sorta di crisi ai quattro angoli del pianeta e inquinando la comunicazione politica. Cosi come il crescente caos a sud soprattutto nel Mediterraneo, nel Medio Oriente e nella fascia subsahariana. E poi ancora la sfida più grande a ovest con gli Stati Uniti spinti a prendere sempre più le distanze dall’Europa e che con la malaugurata ma possibile vittoria di Trump si trasformerà in rivalità aperta. Dall’altro una sovranità strategica industriale, economica e della difesa interamente da ripensare, in settori tecnologici vecchi e nuovi, in molti dei quali l’Europa, un continente che peraltro invecchia, ha perso terreno, con conseguenze rilevanti sul mantenimento della propria prosperità e delle ampie protezioni sociali, conquistate con sudore nei decenni passati.

L’Europa non è un incidente della storia, anzi ha prodotto l’unico vero grande progetto politico del secolo passato – come ebbe a dire un grande leader di Solidarnosc poi tra i padri della nuova Polonia, Borislav Geremek. Una Europa che continua ad attrarre nuovi Paesi e a essere riferimento di tanti popoli in almeno tre continenti. Come ci ha insegnato, Jacques Delors, un padre dell’Europa, siamo oggi chiamati a una sfida collettiva di responsabilità e realismo, coraggio e lungimiranza, per coniugare in modo nuovo il famoso trittico del suo immenso lascito: la competizione che stimoli, la solidarietà che unisca, la cooperazione che rafforzi. L’agenda è assai impegnativa e non ne vanno sottaciute le difficoltà e i costi, ma possiamo e dobbiamo farlo, per non sacrificare ciò che abbiamo conquistato – pace e prosperità – e saperlo coniugare per le generazioni che verranno e per il mondo intero, in robuste relazioni di vero partenariato.

Per questo ci vorrà più unità, più investimenti e più scelte comuni, Istituzioni europee forti e più impegno convergente delle capitali dell’Europa, più partecipazione dei parlamenti nazionali, dei poteri locali e della società civile. E anche un grande investimento culturale e di comunicazione, per comprendere e dibattere dove stiamo andando, cosi come educativo e formativo, per attrezzare i nostri giovani e lavoratori alle competenze oggi richieste. Nessuno si salva da solo, già farlo insieme in una Europa di 500 milioni di persone non sarà scontato. Al voto dunque, alzando lo sguardo su ciò che conta.


Luca Jahier
NP febbraio 2024

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