Il caleidoscopio del bene

Pubblicato il 02-01-2022

di Guido Morganti

Un'immagine che mi piace usare per descrivere il "prendersi cura" da parte del Sermig è quella del caleidoscopio.
Un tubo con due o più specchietti disposti ad angolo retto e con tanti pezzetti colorati che, quando si ruota il tubo, si riflettono e offrono immagini armoniose e piene di vita. Ebbene, gli elementi colorati possono essere i capitoli della regola del Sermig La gioia di rispondere sì e i due specchietti che si intersecano possono avere come didascalia "in missione" e "mettersi nei panni degli altri".

IN MISSIONE
Una recente raccolta di testi redatta dal Sermig del servo di Dio dom Luciano Mendes, già vescovo brasiliano e amico e maestro del Sermig, percorre l'itinerario dal mondo creato e caduto nel peccato al mondo redento da Cristo.
Quindi come Dio si è preso cura dell'umanità. Punto di partenza il progetto di Dio indicato da Gv 3,17: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Gesù offre la propria vita, ci dona lo Spirito e la compagnia di sua mamma, affinché noi, uniti a lui, viviamo la "forma eucaristica", offriamo anche noi la nostra vita per amore, e ci buttiamo nel mondo per vincere l'odio con l'amore, la violenza con la pace, la discordia con la riconciliazione e la disperazione con la speranza. «Siamo nel mondo, dunque nella sofferenza.
Non siamo di questo mondo, dunque viviamo nella speranza. È una grazia continuare a vivere per compiere la missione che il Signore ci affida. L'eucaristia rinforza in noi la certezza della felicità promessa da Dio e ci garantisce la rotta certa del cammino della vita: Gesù è la via, la verità e la vita (cfr Gv 14,6)».

METTERSI NEI PANNI DELL'ALTRO
«Dobbiamo ricordarci sempre che l'altro non è quello che vorrei incontrare, non è quello che immagino o desidero, l'altro è quello che ho davanti, con la sua storia e i suoi limiti.
Non giudicare significa saper scendere dal proprio cavallo, trovarsi a terra, mettersi in discussione, farsi guardare e trovare dagli altri, far entrare in gioco la ragione che semina domande e dubbi lì dove abbiamo troppe sicurezze, troppe risposte già pronte. Saper comprendere, compatire non significa cedere all'emotività, significa capacità di cogliere il dramma dell'altro mettendomi nei suoi panni» (Rosanna Tabasso, prima consacrata del Sermig).
Ogni altro aspetto, rispecchiato da questi due presupposti, arricchisce l'esperienza stessa della vita e anche per il Sermig diventa un, anzi "il", prendersi cura. Impossibile raccogliere in poche righe l'esperienza fatta. Mi limito a tre flash.

AVEVO FAME
È il 1964. Ernesto Olivero e la sua fidanzata Maria Cerrato, insieme ad alcuni amici, danno vita al Sermig per realizzare un sogno: eliminare la fame nel mondo, mettendosi a servizio dei missionari, particolarmente di quelli che nessuno aiutava. È iniziato un cammino che non conosce sosta, né nei Paesi del Terzo mondo che accanto a noi. Gli obiettivi si sono ampliati, hanno coniugato insieme partecipazione, coinvolgimento, progettazione, pesce e canna, effetti moltiplicatori.
Il denominatore comune: siamo tutti fratelli, quindi per ognuno l'impegno è far sì che tutti abbiano la stessa dignità. Quella che cerco di avere io.

FAR BENE IL BENE
Ci ricorda Ernesto: «Tutto ci porta a vedere che il Signore il bene lo fa bene.
Anche noi, malgrado la nostra umanità, possiamo far bene il bene in tutte le cose, in quelle apparentemente piccole e in quelle grandi». Ed ancora riferendosi al Sermig: «Abbiamo costruito una grande "cattedrale" perché in ogni piccola azione abbiamo visto una cattedrale.
Questo è il nostro segreto, la nostra chiave per il presente e il futuro.
Pulisco gabinetti? Sto costruendo una cattedrale. Ascolto una persona? Sto costruendo una cattedrale».
Mentre si ristrutturava l'Arsenale fra' Costantino Ruggeri, noto artista francescano che ha lasciato traccia della sua arte in tutto l'Arsenale della Pace, ci aveva detto: «Ragazzi, fare bene le cose costa come farle male, ma se una cosa la fate bene, se risulta bella, fa stare bene quelli che la usano». Scrive Rosanna Tabasso: «Fare bene il bene è diventato per noi aiutare ognuno a recuperare la sua dignità di persona, che significa il pane quotidiano, necessario, indispensabile per vivere, ma anche qualcosa che illumini la sua vita, qualcosa anche di piccolo, di umile che dia senso e gioia alla sua esistenza.
Accogliere una persona in uno spazio ordinato, pulito, bello, colorato anche se semplice, è un primo passo, un modo per dirle: "Tu per me hai un valore".
Poi ci siamo noi. Far bene il bene dipende dal nostro saperci mettere alla pari con ognuno, trattare ognuno con la stessa premura, con la stessa delicatezza che vorremmo per noi».

OCCHI GIOVANI OSATE SOGNARE
Il Sermig (Servizio Missionario Giovani) è da sempre attento alle nuove generazioni per seguirle e accompagnarle nel loro cammino di ricerca. Perché crede nei giovani. In una lettera rivolta a loro Ernesto scrive: «Solo con voi, positivi e pieni di vita, possiamo costruire un mondo che assomigli a come Dio lo ha immaginato. Solo con voi possiamo cancellare parole come nemico, infedele, mio: parole arrivate da ieri che hanno reso invivibile l'oggi. Solo con la vostra purezza, con la vostra umanità fragile e forte, con la parte di voi che sogna, è possibile costruire un futuro in cui una persona non valga più in base al colore della pelle, alla ricchezza, al Paese di origine. Solo con voi quello che non è stato è ancora possibile. È possibile far coesistere libertà e giustizia!
È possibile dire no alla costruzione delle armi che uccidono! È possibile vivere la sobrietà, uno sviluppo davvero sostenibile, garantire cure, cibo, casa e lavoro ad ogni uomo, ad ogni donna! È possibile che i vostri sogni si realizzino davvero!». Gli Appuntamenti Mondiali dei Giovani della Pace li hanno resi protagonisti, come tante altre iniziative, l'ultima delle quali riguarda lo sport (cfr NP 2021 n. 7 pag. 50).


Guido Morganti
NP Focus
ottobre 2021

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