I giorni di Benedetto

Pubblicato il 24-12-2020

di Renzo Agasso

Nel silenzio appartato di un convento di clausuraMater Ecclesiae – all’interno dei giardini vaticani, si consumano i giorni di Joseph Ratzinger, il papa emerito Benedetto XVI. Minuto e fragile, un filo di voce, la fatica di muoversi, un’ombra di sorriso. Il cuore pieno di Dio. In attesa dell’incontro, che sa non lontano. 93 anni, una lunga vita spesa alla sequela esigente del suo Signore. Fino al seggio di Pietro, per continuare una storia di duemila anni. Vicario di Cristo: il titolo più alto, la croce più pesante. Così Joseph cardinale Ratzinger, alla morte del grande predecessore, oggi santo della Chiesa, Giovanni Paolo II, il Papa venuto da un Paese lontano, ha accettato il peso e la gloria del pontificato, prendendosi addosso il dolore e lo splendore della terra. E per otto anni ha seminato Vangelo, l’abito e i capelli candidi, in Roma e ovunque nel mondo. Subendo serenamente insulti, ingiurie, tradimenti, scandali. Soffrendo per la Chiesa e con la Chiesa, in un tempo di grandi prove. Alla fine, le forze gli sono venute meno.

Dopo avere lungamente pregato – chissà quei dialoghi faccia a faccia col Signore, chissà le parole, i pensieri, le lacrime, le domande lancinanti – dopo avere riflettuto ed essersi consultato con gli amici, Benedetto ha deciso, ha compiuto il passo definitivo, doloroso e grave: scendere dal seggio di Pietro. Non accadeva da secoli. «Qualcuno aveva detto che ero sceso dalla croce - racconterà - che mi ero messo comodo. È un rimprovero che dovevo aspettarmi, con cui avevo dovuto confrontarmi soprattutto mentre meditavo quel passo. Sono convinto che non si sia trattato di una fuga, e sicuramente non di una rinuncia dovuta a pressioni esterne, che non esistevano. Ma non si trattava nemmeno di una fuga interiore di fronte alle esigenze della fede che conduce l’uomo a conoscere la croce. È invece un’altra maniera per restare legato al Signore “sofferente”, nella quiete del silenzio, nella grandezza e nell’intensità della preghiera per la Chiesa intera. Per questo il mio passo non è una fuga, ma appunto un altro modo di restare fedele al mio ministero».

Ora è silenzio. Da sette anni Joseph Ratzinger prega, e tace. Hanno provato a contrapporlo al successore, senza successo. Preghiera e silenzio. Disse un giorno che «bisogna prepararsi alla morte». E ancora: «Nel lento scemare delle forze fisiche, interiormente sono in pellegrinaggio verso Casa».
Ha combattuto la buona battaglia, ha conservato la fede: la sua e la nostra.



Renzo Agasso
NP novembre 2020

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