Erano bravi guaglioni

Pubblicato il 31-08-2009

di Mauro Tabasso


...ma la sera facevano un gran casino… (dal film “The Blues Brothers”). Musica di bambini per aiutare altri bambini: con un impegno che lascia stupiti e ha qualcosa da insegnare anche agli adulti.

di Mauro Tabasso


Musica mitica, personaggi anche, scene da antologia in quantità industriale. E una storia buona che regge bene il film. Dopo un concerto storico, Jake ed Elwood riescono a fuggire da un teatro blindato dalle forze dell’ordine, facendo fessi polizia, una fidanzata killer, una country band armata di mazze da baseball, un oste truffato, esercito, guardia nazionale, un gruppo di neo-nazisti in cerca di vendetta, e, a bordo di una Dodge truccata con tre quarti di serbatoio e mezzo pacchetto di sigarette, riescono a fare di notte (con gli occhiali da sole!) quei cinque-seicento km a 120 miglia all’ora, seminando il caos e distruggendo un numero abnorme di veicoli (quando si dice che il fine giustifica gli automezzi…) per presentarsi puntuali la mattina dopo all’ufficio delle imposte e versare i 5000 bigliettoni che salveranno la Pinguina, l’Istituto e suoi ospiti, i destinatari della buona azione dei nostri, in missione per conto di Dio.
Eh, sì. Musica e beneficenza, chissà perché, vanno da sempre a braccetto, e non solo in America e non solo nei film. Succede (da sempre) anche all’Arsenale della Pace, dove però la beneficenza si chiama (da sempre) restituzione e ha un senso un tantino diverso. Sabato 21 aprile scorso, per esempio, essere in missione è toccato a un centinaio di bambini e ragazzi di età compresa tra i 4 e i 19 anni, divisi tra due cori, un nutrito ensemble di archi e un gruppo di arpe celtiche. Il progetto (a cura del Laboratorio del Suono, delle scuole elementari Gambero e Tommaseo di Torino e dei rispettivi insegnanti) denominato 100 bambini per 100.000 bambini, ideato e animato da Maria Polidori (docente di violino presso il Laboratorio del Suono), giunto alla seconda edizione, aveva come scopo proprio quello di sensibilizzare i partecipanti ed il pubblico (numerosissimo) verso le iniziative del Sermig volte a favore dei bambini.

E i primi a rispondere sono stati proprio loro.
Credetemi, sembravano davvero in missione quando, qualche giorno prima, durante una prova durata quasi tre ore (senza pause) non è volata una mosca. Non succede nemmeno alle orchestre professioniste di stare sedute e buone ad ubbidire al direttore con tanto zelo e tanta attenzione, nonostante spesso siano pagate per farlo (o bene o male, ma lasciamo perdere…).

Che spettacolo! Sì, va bene, lo confesso, c’era anche mio figlio che suonava, quello che ama la musica colta, ma il mio non è orgoglio di padre, vi assicuro. Sono arrivato un pochino in ritardo a sentire le prove. Ho alzato timidamente una mano per salutarlo e fargli vedere che c’ero, e lui per poco non mi ha mandato a stendere e mi ha detto sottovoce: “Papà, non adesso. Sto contando!”. Ricordo un’orchestra italiana molto importante che mi è capitato di dirigere qualche tempo fa. Suonavano i cellulari durante le prove, altro che contare!

Quanto aveva ragione quel grande saggio del nostro tempo: “I bambini non sono un problema ma la soluzione di tutti i problemi”. Basterebbe osservarli bene per imparare tante ma tante cose. La musica, la missione, la passione, quel fuoco che ti fa vendere una Cadillac (la Bluesmobile) per comperare un microfono, ti fa lasciare un fast food che vende polli fritti e pane bianco tostato, per andare dietro ad un sogno, la musica, e portarti a inseguirlo nuotando contro corrente come un salmone, salvo scoprire poi che in quelle acque non sei da solo, perché “Ognuno ha bisogno di qualcuno (da amare)”.
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