Da una parte e dall’altra

Pubblicato il 01-06-2023

di Sandro Calvani

Il voto delle Nazioni Unite sulla risoluzione contro l’invasione russa ha spaccato l’Africa tra chi sceglie la Russia e chi l’occidente

L'offensiva diplomatica lanciata dalla Russia, dagli Stati Uniti e dei Paesi occidentali in Africa ha diviso in due il continente mentre continua senza sosta lo sfruttamento neocoloniale delle risorse e soprattutto la vendita degli armamenti

Meglio di tanti discorsi, spiega la divisione geopolitica in Africa l'analisi del voto all'assemblea generale dell'ONU un anno dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. La risoluzione votata, che condanna l'invasione russa, chiede l'immediato cessate il fuoco e il ritiro delle truppe russe dai territori sotto la sovranità di Kiev, è stata approvata a larghissima maggioranza. Ha ottenuto i voti di 141 dei 180 Paesi rappresentati, mentre 32 si sono astenuti e sette hanno votato contro.

Gli Stati africani erano la maggioranza tra gli astenuti, ben 15. Il gruppo include Paesi come Etiopia, Guinea, Mozambico, Sudan, Uganda, Zimbabwe, Sudafrica, Algeria, Angola, Burundi, Centrafrica, Congo. Non deve stupire la posizione di Pretoria, pur criticata dall'Occidente, che, in nome del sostegno dell'URSS alla lotta contro l'apartheid, rivendica una posizione di non allineamento anche nel nuovo mondo che si sta scomponendo in blocchi. Anche l'Algeria, pur avendo rafforzato i legami con l'Italia per la vendita di gas, vanta rapporti solidi con Mosca per il sostegno avuto per ottenere l'indipendenza 60 anni fa. Cosi come Angola e Mozambico. Per quanto riguarda l'Etiopia, l'astensione è un allineamento al voto cinese, che ha investito molto nelle infrastrutture del gigante africano.

Più interessante la posizione del Sudan. Khartoum, oltre a essere fornitore storico di petrolio di Pechino, da mesi ospita sul proprio territorio le truppe mercenarie della Wagner, la compagnia legata al Cremlino che combatte anche in Ucraina. I capi dei mercenari russi avrebbero rapporti ben avviati con i militari sudanesi, alle prese con le dimostrazioni dei manifestanti che chiedono democrazia, ed estrarrebbero oro dalle miniere locali per finanziare, secondo la CNN, il conflitto iniziato da Mosca a febbraio 2022. Anche il Centrafrica si è astenuto perché utilizza le milizie della Wagner addirittura come guardia presidenziale. Tra i contrari, allineati alla Russia, vi sono Eritrea e Mali. Il regime nazionalcomunista di Isayas Afewerki ha ricevuto a fine gennaio la visita del ministro degli Esteri Russo Sergej Lavrov che avrebbe stretto un accordo per aprire una base militare a Massaua, porto sul Mar Rosso. Il Mali ha invece chiesto l'aiuto dei mercenari filo russi per combattere i terroristi jihadisti dopo la partenza l'anno passato delle truppe francesi in lite con la giunta militare maliana. Due scelte anti occidentali delicate perché entrambi i Paesi sono origine di importanti flussi migratori verso l'UE che Mosca potrebbe sfruttare come arma. Nel blocco che ha votato a favore della condanna dell'invasione troviamo pesi massimi come Egitto, Kenya e Nigeria e la Libia, caso interessante perché la Russia è presente con la Wagner nella Cirenaica controllata dal generale Haftar. Anche la Somalia, che in precedenza si era astenuta, ha votato la condanna dell'invasione. Segno del suo passaggio probabilmente definitivo con i governi occidentali. L'offensiva diplomatica lanciata dalla Russia, dagli Stati Uniti dei Paesi occidentali in Africa ha dunque diviso in due il continente mentre continua lo sfruttamento neocoloniale delle risorse e soprattutto la vendita degli armamenti.

L'Africa spende in armi il doppio che in agricoltura, sostengono diversi analisti, mentre un africano su cinque soffre la fame. Le responsabilità sono della comunità internazionale, dei donatori, delle istituzioni economiche, dei governi che continuano a vendere armi in nome del business. Ma oggi le responsabilità sono anche dei governanti africani che devono rispondere al dramma dei loro popoli e non solo a interessi personali, familiari o clientelari. Si riparta dunque dal voto all'ONU per costruire un continente più unito e che sappia prendere in mano il proprio destino.

Sandro Calvani

NP Marzo 2023

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