Come un istante deja vu

Pubblicato il 07-03-2023

di Renato Bonomo

Nell’ottobre del 1973, l’Egitto attaccò il Sinai che era stato occupato dallo Stato di Israele nel 1967. Era la guerra dello Yom Kippur. La controffensiva israeliana portò alla chiusura del canale di Suez e alla decisione dell’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi produttori di petrolio, di quadruplicare i prezzi dell’oro nero come ritorsione nei confronti dell’Occidente che aveva sostenuto Israele. Ciò causò per gli Stati Uniti e i suoi alleati una crisi energetica senza precedenti che si inserì in una congiuntura economica e monetaria già delicata, dando così avvio a un periodo di stagflazione (rallentamento della produzione e concomitante inflazione).

Il presidente Nixon, in un importante discorso del 7 novembre 1973, circa un anno prima delle sue dimissioni, annunciò alla nazione il suo programma per affrontare una crisi del tutto inedita per gli americani.
«Questa sera voglio parlarvi di un problema nazionale molto serio, un problema che dobbiamo affrontare tutti insieme nei mesi e negli anni a venire. Negli ultimi anni l'America è cresciuta e ha prosperato al punto che il nostro fabbisogno energetico ha cominciato a superare le forniture disponibili. Negli ultimi mesi abbiamo preso molte iniziative per aumentare le scorte e ridurre i consumi. […] Purtroppo, il quadro della situazione che ci aspettavamo per il prossimo inverno è stato profondamente alterato dal recente conflitto in Medio Oriente. […] Alla fine del mese corrente non saranno più disponibili oltre due milioni di barili di petrolio al giorno che prevedevamo di importare negli Stati Uniti. Dobbiamo, pertanto, affrontare un fatto estremamente serio: stiamo andando verso la più grave crisi energetica dalla Seconda guerra mondiale in poi. […] A breve termine, questo nuovo assetto significa che dobbiamo usare meno energia – il che vuol dire meno riscaldamento, meno elettricità, meno benzina. A lungo termine, significa che dobbiamo sviluppare nuove fonti di energia che ci metteranno in grado di far fronte alle nostre esigenze senza dover dipendere da alcun Paese straniero. Nell'immediato futuro la crisi avrà conseguenze sulla vita di tutti noi. Nelle nostre fabbriche, nelle nostre automobili, nelle nostre case, nei nostri uffici, dovremmo usare meno carburante di quanto siamo soliti fare. […] Dobbiamo assicurarci che le nostre esigenze più vitali siano le prime a essere tutelate – e che le nostre attività meno importanti siano le prime a essere ridotte».

Nixon prese poi a elencare con ordine le misure da mettere in atto. In primo luogo, il ritorno al carbone che era stato progressivamente sostituito dal petrolio. Poi un piano di «riduzioni di circa il 15% sulla disponibilità di petrolio per il riscaldamento delle abitazioni degli uffici e di altri edifici». Veniva espressamente ribadito il concetto che le scorte energetiche sarebbero state sufficienti per tutto l’inverno solo se tutti avessero vissuto e lavorato in ambienti meno riscaldati. L’altra via da seguire era reperire fonti energetiche alternative ad alto potenziale: «Chiedo alla Commissione per l'energia atomica di accelerare le procedure per l'autorizzazione e la costruzione di centrali nucleari. Dobbiamo cercare di ridurre i tempi richiesti per rendere operative […] le centrali nucleari da dieci a sei anni, occorre ridurre questo scarto temporale».

In conclusione, Nixon sottolineò l’importanza dell’eliminazione degli sprechi, del risparmio energetico e dell’impegno di tutti i cittadini. «In ogni caso, la chiave del loro successo [misure varate dal governo, ndr] non sta solamente qui a Washington ma in ogni casa, in ogni comunità del Paese. Se ciascuno di noi parteciperà a questo sforzo e condividerà lo spirito e la determinazione che hanno sempre contraddistinto il carattere americano, mezza battaglia sarà stata già vinta». A sentire oggi le sue parole, ci assale una strana sensazione di deja vu in salsa italica.


Renato Bonomo
NP dicembre 2022

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