Camminare oltre l'inferno

Pubblicato il 13-04-2024

di Fabrizio Floris

Una città può essere raccontata con solo due dati e Torino non sembra fare eccezione alla regola: 50% e 26% sono le percentuali delle famiglie formate da un solo componente e delle famiglie formate da due componenti. Sommate insieme fanno il 76% della popolazione torinese. Significa che Torino è una città costituita da persone sole (per lo più anziane). Se a questo si aggiunge il crescente calo demografico, le urla sui social, il risentimento permanente, non si può che concludere che siamo di fronte a un declino che tuttavia non è solo numerico, ma appare sempre più come morale e sociale.

Come racconta Carlo: «L’aspetto peggiore della disoccupazione è la solitudine. Una forma di isolamento che ti porta a puntare tutto su te stesso, sulle tue capacità, sulla tua audacia che la realtà piano piano indebolisce e alla fine non ti resta niente. Quando sei disoccupato tutto va un po’ a caso: ti svegli, esci di casa, ma non sai dove andare. Inizi a camminare nella speranza di incontrare qualcuno con cui ammazzare il tempo, ma senza viverlo. Vai su e giù per i viali, lungo le strade in cerca di una biblioteca aperta, di un autobus che ti porti da qualche parte che non sai, sperando, non credendo, che sia la volta buona. Perché ormai l’opportunità, anche se arriva, non la vedi più, non c’è un altro che te la fa vedere. La solitudine appare come una forma di corrosione del carattere che ti porta solo al suicidio interiore consegnandoti alla nuda vita, compatibile con tutto ciò che sta intorno perché annullata, letteralmente “piallata”.

Senza più sussulti, sogni, desideri, rivendicazioni e lotte, con il solo intrattenimento televisivo a occupare il vuoto delle emozioni attraverso il surrogato di quelle effimere. «Così, prosegue Carlo, la mattina la trascorri negli autobus, nelle chiese e nelle biblioteche, il pomeriggio a dormire e la sera davanti alla TV, l’unica che ti dà del tu, mentre il mondo circostante ti schiva, corre veloce e non ha tempo (non sa dove corre, ma corre perché l’importante è non fermarsi, non pensare troppo perché può far male). Ti senti uno dei tanti, la tua non è una vita, ma un numero che fa una massa non compatta». Eppure, in ognuno c’è una sete profonda dell’altro, ma è un altro che non si trova, da cui si sfugge o che ci sfugge. «L’inferno sono gli altri» diceva Sartre, ma sono anche la felicità: le persone che ti trasmettono qualcosa di bello, non sai neanche bene dire che cosa, come una canzone che arriva mentre cammini per la strada e sei felice, anche a Torino.
 

Fabrizio Floris
NP marzo 2024

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok