Bloccare l'odio

Pubblicato il 06-10-2023

di Pierluigi Conzo

Con il radicarsi dei social media nelle abitudini e nei comportamenti quotidiani si è verificato anche un incremento (o una maggiore visibilità) di gruppi basati sull'odio.
Molto spesso tali gruppi assumono la forma di vere e proprie organizzazioni terroristiche e criminali, che cercano di utilizzare piattaforme online per diffondere meglio la propria ideologia, reclutare nuovi membri e coordinare il comportamento dei membri esistenti. Queste organizzazioni cercano di sfruttare i social network o altri canali online a causa della capacità di queste piattaforme di diffondere informazioni in modo rapido e capillare. Per arginare questo fenomeno, i maggiori social media cercano di limitare l’operatività online di tali organizzazioni, spesso rimuovendo i membri o adottando il deplatforming, cioè impedendo a chi ha opinioni inaccettabili o offensive di contribuire a un forum o un dibattito, ad esempio bloccandoli sulla piattaforma.

In che misura questi interventi riescono a risolvere il problema?
Un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica PNAS cerca di rispondere a questa domanda. Gli autori utilizzano una tecnica econometrica nota come differences- in-differences, ovvero "differenze- nelle-differenze", basata sulla comparazione dei risultati di un intervento prima e dopo lo stesso, e tra chi è stato affetto dall’intervento (“trattato”) e chi no. La tecnica usata degli autori in particolare sfrutta i tempi scaglionati di sei eventi di deplatforming (l’intervento di cui si vuole valutare l’efficacia) sia a livello di organizzazione che a livello di utente.

Gli autori si focalizzano sugli effetti delle “interruzioni strategiche delle reti”, una tipologia di deplatforming in cui i membri centrali di un'organizzazione basata sull'odio vengono rimossi dalla piattaforma contemporaneamente, eliminando la leadership online dell'organizzazione. L'obiettivo di questo approccio è disturbare le attività dell'organizzazione rimuovendo simultaneamente i membri chiave di un'organizzazione dalla piattaforma, al fine di disarticolare la loro leadership e ostacolare la loro capacità di riorganizzarsi e diffondere contenuti dannosi. Se tale approccio risultasse efficace, il pubblico target dell'organizzazione online dovrebbe essere esposto a meno contenuti di radicalizzazione e odio, e ridurre quindi la loro produzione.

I risultati sono positivi. Le interruzioni strategiche delle reti sembrano contribuire alla creazione di una piattaforma più salutare, dove i membri del pubblico target delle organizzazioni basate sull'odio riducono il consumo e la produzione di contenuti odiosi e interagiscono meno con gli altri membri del pubblico. Tuttavia, questi sono risultati aggregati, che mascherano una sostanziale eterogeneità tra i membri del pubblico che interagiscono maggiormente prima dell’intervento e quelli meno coinvolti.
Mentre questi ultimi riducono il loro coinvolgimento con i contenuti odiosi e con gli altri membri del pubblico a seguito della rimozione della leadership, coloro, invece, che sono più attivi reagiscono in modo opposto a quello che ci si aspetterebbe da tale misura. Essi aumentano, cioè, il consumo e la produzione di contenuti odiosi e interagiscono maggiormente con gli altri membri del pubblico. Tale reazione avversa è, comunque, di breve durata. Entro due mesi dall’intervento di deplatforming, anche coloro che sono più vicini all'organizzazione riducono il loro coinvolgimento con i contenuti odiosi e con il resto della rete.

In generale, i risultati di questo sono piuttosto incoraggianti: le interruzioni strategiche delle reti migliorano la qualità dei contenuti creati e consumati da quella parte degli utenti che sono più a rischio di essere influenzati o “captati”, ovvero coloro che sono meno vicini all'organizzazione. Se le interruzioni sembrano incoraggiare – invece che calmare – una parte del pubblico nel breve termine, tale risultato sembra comunque invertirsi nel lungo termine.

Disturbare, quindi, la leadership di un'organizzazione basata sull’odio può indebolirla, rendendola meno capace di disseminare contenuti negativi e fortificarsi.
Un altro aspetto importante per la portata dei risultati è il nesso potenziale tra l’online e la realtà. Inibendo la circolazione dell’odio online si può anche influenzare il comportamento offline. Gli autori di reati di odio, infatti, riconoscono l'influenza di gruppi online sul loro comportamento e l'uso dei social media è associato a una maggiore incidenza di reati di odio offline.


Pierluigi Conzo
NP Agosto / Settembre

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