Arrivati da ieri

Pubblicato il 20-06-2021

di Guido Morganti

Sono passati quasi 50 anni, veloci come l'acqua di un fiume che ora sgorga alla sorgente e domani è già in mare. 50 anni di sogni, di speranze, di gioie, ma anche di fatiche, di errori, di incomprensioni. Il Signore ci ha fatto grandi doni e ci ha accompagnati. Sognavamo. Sogni normali: una famiglia, dei figli, il lavoro, magari quello per cui ci eravamo preparati, una vita sociale indirizzata a costruire un mondo migliore.

Eravamo immersi in una cultura, quella dell'inizio degli anni settanta, segnata molto da avvenimenti sia internazionali che locali. La guerra fredda poneva molti interrogativi sul futuro, la guerra del Vietnam aveva scosso le coscienze, le contestazioni del '68 avevano influito sulla cultura giovanile nel bene e nel male; era il momento della "fantasia al potere" ma anche dell'erosione di certezze ideologiche, morali, religiose. Lo statuto dei lavoratori aveva visto la luce il 20 maggio 1970 e anche questo avrebbe permesso alla nostra generazione un percorso lavorativo più sereno, lontano dalla giungla di oggi. Il Concilio Vaticano II cercava di essere applicato e in particolare sui giovani aveva lasciato profondi segni: l'aver messo in primo piano "il popolo di Dio" e dato dignità ai laici aveva innescato il desiderio di impegnarsi per lottare e costruire un mondo migliore. Non è un caso che il Sermig fondato da un laico sia nato sulla scia del Vaticano II. Quindi ci si muoveva tra luci e ombre, tra grandi sogni e preoccupazioni.

Noi avevamo fiducia nella vita, ci aveva appassionato l'invito che Raoul Follereau aveva lanciato in un incontro del febbraio 1972 organizzato dal Sermig. Con voce accalorata e perentoria aveva detto: "bâtissez des cathedrals", costruite delle cattedrali. Veniva in mente il racconto del pellegrino che andava verso un luogo dove si sarebbe costruita una cattedrale. Lungo la strada aveva incontrato tre tagliapietre a cui aveva chiesto cosa facevano. Il primo rispose che si stava ammazzando di fatica per lavorare, il secondo che lavorava da mattino a sera per mantenere la famiglia, il terzo, naturalmente distrutto dalla fatica come gli altri che facevano lo stesso lavoro, disse con orgoglio «sto costruendo una cattedrale». Come a dire che con quello che si ha e quello che si è c'è la possibilità di affrontare la vita con fiducia o di subirla senza entusiasmo.

Anche oggi i giovani sognano, anche loro vivono in una situazione di luci e ombre, ma per loro sicuramente è tutto più difficile anche se hanno i cellulari, vivono sui social, hanno possibilità di comunicare, a differenza di noi che quando eravamo distanti e non raggiungibili con telefoni fissi, ci scrivevamo lettere. Un vantaggio c'era: dovevi scavare dentro te stesso per tirar fuori i sentimenti e le parole di amore da trasmettere. Avvicinandosi la fine del percorso di studi ci siamo trovati di fronte ad un bivio: aspettare ancora degli anni per sposarci, tenendo conto dei 15 mesi di militare ancora da fare e del tempo per sistemarsi in un lavoro, o accelerare anticipando il matrimonio. Abbiamo scelto la seconda strada perché avevamo come paracadute che io, Nietta, lavoravo, io, Guido, laureato una settimana prima di sposarci, nell'attesa di partire militare ogni tanto avevo delle opportunità lavorative.
Desideravamo dei figli e così un mese dopo la fine del militare è nata la prima bambina e nello stesso tempo è arrivato il lavoro per il papà. Dopo qualche anno è nato il secondo figlio e poi la terza. "Incoscienti!" potrebbe dire qualcuno. Noi rispondiamo di no: avevamo già dei punti fermi su cui poggiare e su quelli ci siamo buttati. Era un tempo in cui, dopo anni di studio e di fatica, un lavoro, almeno in Nord Italia, si trovava. Dal punto di vista più ideale sapevamo che avremmo dovuto affrontare grandi difficoltà, ma l'amore tra di noi, la fiducia nella vita, la gioia dei figli, la grazia del Signore donataci col sacramento del matrimonio se rivivificati ci avrebbe dato la forza per affrontarle giorno per giorno.

Abbiamo avuto anche la fortuna di avere i famigliari vicini e tanti amici, specie quelli del Sermig con cui si era in sintonia. Non avevamo dato ascolto alle mode del momento che vedevamo il matrimonio e i figli come un ostacolo alla propria libertà, come una fonte di preoccupazioni: prima bisogna divertirsi e poi pensare alle cose serie!
Pensiamo che la scelta che abbiamo fatto ci abbia aiutato a crescere. Abbiamo gettato il cuore oltre l'ostacolo e, anche se non era tutto chiaro e programmato, ci siamo fidati o, meglio, "affidati". E la vita ci ha portato le sue carezze. I figli sono un grande dono del Signore, anche perché sappiamo che non sempre arrivano. Ne è valsa la pena! I figli nella crescita ti fanno capire che non sono "tuoi" cioè una tua proprietà ma che il tuo compito è quello di accompagnarli a tirar fuori le loro potenzialità aiutandoli a evitare gli errori più gravi. Non è facile, le difficoltà sono spesso dietro l'angolo, ma la famiglia sarà sempre un porto sicuro e accogliente.

I nostri figli hanno seguito la loro strada e oggi siamo nonni. Quindi gioie e preoccupazioni si rincorrono.
Oggi i giovani genitori si trovano di fronte a sfide ancora più grandi: dalla cultura dello "sballo" all'uso e abuso dei social persino fra i bambini. Il futuro è confuso e mancano le prospettive. Ma c'è la speranza che, nonostante tutto, noi, donne e uomini, ognuno con la sua vita, riusciamo a "bâtir des cathedrals", a costruire un futuro migliore.


Guido e Nietta Morganti
NP marzo 2021

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