Architetture Singolari

Pubblicato il 10-08-2012

di chiara

di Chiara Dal Corso - Facciamo ancora un passo dentro l’icona, dentro il suo spazio. Ad un’occhiata veloce si può avere l’impressione che i personaggi si muovano in uno spazio surreale, soprattutto osservando le architetture, un po’ strampalate, appoggiate su piani invisibili, e costruite quasi a seguire linee prospettiche illogiche. In realtà nelle icone niente è messo a caso, ma attraverso tecniche diverse l’iconografo cerca di dare all’osservatore una percezione dello spazio molto particolare.

C’è una logica. A ben guardare, gli oggetti più vicini, in primo piano, sono raffigurati con un tipo di costruzione prospettica (che si chiama assonometrica) che non ne deforma le proporzioni, ma le mantiene assolute. E gli oggetti via via più lontani, a loro volta, invece di rimpicciolirsi come ci aspetteremmo, si deformano allargandosi. Questo fenomeno si vede molto bene nelle architetture, che rispondono ad una prospettiva che è stata definita inversa: il punto di fuga non è in lontananza, rispetto all’osservatore, ma è ribaltato, viene in avanti, verso l’osservatore stesso: le linee di forza si stringono avvicinandosi e non viceversa! E lo stesso fuoco non è fisso ma cambia per ogni elemento, come se cambiasse il punto di osservazione. Anche la natura, esemplari sono le montagne, viene realizzata con una singolare tensione in avanti verso il centro della scena, con la parte superiore ribaltata verso chi guarda. Nel XX secolo tutte queste tecniche prospettiche (sviluppatesi nelle icone dal Rinascimento in poi) sono state fatte oggetto di uno studio molto accurato. Il risultato finale è la percezione di uno spazio che non si allontana ma che ci viene incontro: non è una finestra su cui l’osservatore si affaccia, ma una realtà che viene verso di te, uno spazio che vuole essere un luogo di incontro.

Uova e colori – Rubrica di Nuovo Progetto

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