Non sentiamoci soli

Pubblicato il 30-01-2021

di Corrado Avagnina

La pandemia che ci assedia e ci contagia costringe a riflettere, senza troppi ripari o salvagenti. Il Covid è impietoso, non conosce confini o steccati o frontiere. Colpisce all’insaputa, forse persino all’impazzata, e si fa subdolo ed insidioso. Lo si può contrastare – per ora, in attesa di un vaccino adeguato – con pochi mezzi a disposizione, che ormai conosciamo a menadito, cioè con la mascherina, il distanziamento, l’igiene delle mani... facendosi responsabili concretamente della salute propria ed altrui, direttamente sul campo della vita ordinaria. Ma le “zone rosse” impongono anche una più stringente permanenza in casa, per non esporsi ed esporre a rischi quando si è fuori, alla mercé di possibili contatti nonostante tutto. Ed allora ecco che tornano i prolungati momenti casalinghi in cui farsi interpellare da pensieri seri.

Perché questa seconda ondata, in larga misura, si è fatta più ramificata, lambendo un po’ tutta l’Italia anche nelle realtà geografiche più frammentate. Ed ognuno ha fatto e sta facendo esperienza di amici, parenti, conoscenti in isolamento, sotto tampone, magari in ospedale... in un rincorrersi di news un po’ da bollettino di guerra d’attorno. Ed ecco che in fondo all’animo è ricomparsa la paura, per le incognite che ogni giornata può riservare. La paura di essere aggrediti dal virus, la paura di quanto questo può comportare in famiglia e nella ferialità più concreta, la paura della solitudine e della precarietà, la paura di non farcela, la paura di esserne piegati nel fisico con sofferenza ed angoscia, la paura del cuore che può svuotarsi di fiducia e di speranza...

Tutto questo è profondamente umano. E si pone come un passaggio cruciale. In cui non sentirsi abbandonati innanzitutto. Certo, c’è da poter contare su chi opera generosamente, senza riserve, con dedizione estrema, con competenza, sul terreno sanitario per una prossimità che sa di cura, di premura, di attenzione. Poi restano gli appigli della famiglia e della rete sociale che, nei limiti oggettivi di tante situazioni e del necessario distanziamento e delle indispensabili precauzioni, possono supportare in qualche misura. L’importante che nessuno sia lasciato indietro. Vincendo retropensieri pesanti, evidenziati da papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”, là dove cita una distorsione inaccettabile secondo cui «le persone non sono più sentite come un valore primario, da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono più” come gli anziani». E proprio sulla terza e quarta età, dentro la pandemia, si sono fatti trapelare input squalificanti, sull’onda di messaggi tristemente ambigui rispetto agli anziani appunto che tanto... “non producono più” o sono... “inutili”. Brutte pieghe per i nostri pensieri, un po’ imbrigliati in “zona rossa”. Una deriva che non va snobbata, perché può aprirci altri baratri. Infine, ma non per ultimo (anzi), ai credenti è richiesto, in questa ora complicatissima, un surplus di preghiera perché non ci si smarrisca nella prova, perché ci sia consolazione per chi è colpito, perché nessuno si sottragga a quanto può fare per gli altri in questi frangenti nelle responsabilità che ha, perché non si perda la speranza da figli di Dio.

 

Corrado Avangina

da Nuovo Progetto dicembre 2020

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