Bruno Lauzi: piccolo uomo

Pubblicato il 05-05-2014

di Mauro Tabasso


Martedì 24 ottobre 2006 è scomparso Bruno Lauzi. “Con quella faccia un po’ così”, come cantava il suo amico ed avvocato Paolo Conte, ha continuato a calcare le scene anche dopo che il parkinson ha reso più difficili i suoi passi.

di Mauro Tabasso

 


Bruno Lauzi e Sergio Alemanno
La prima volta che ricordo di aver visto Genova ero già in grado di intendere e volere. Ci andai perché dovevo suonare con un gruppo, non so più quale e non so più bene cosa o dove. Non so nemmeno cosa mi colpì della città, ma certo, questo lo ricordo bene, percepii qualcosa nell’atmosfera, nelle persone, nei vicoli stretti di quella città così… Così… Non so. L’antica Repubblica Marinara deve probabilmente quel suo fascino misterioso in particolare al porto.
Pensate quanta, ma quanta gente ci è passata nei secoli, quanti scambi, quanti uomini, donne, bambini si sono imbarcati per veleggiare verso un futuro ignoto; quanta gente hanno salutato le banchine di quel porto, crocevia di razze, di civiltà, di ricchezza e povertà, di emigranti che (proprio come oggi) si imbarcavano su carrette di terza classe diretti verso nuove vite, nuovi mondi da affrontare, con pesanti carichi di angoscia, rimpianto e speranza… Tutte quelle persone sembrano aver lasciato qualcosa, una traccia flebile del loro passaggio nella città della Lanterna, oggi così moderna ma sempre consapevole del suo passato. Forse è proprio questa consapevolezza a manifestarsi in quell’atteggiamento tipicamente genovese, quella simpatia un po’ pignola, quella parlata irridente, quel disincanto auto-ironico che solo i marinai posseggono.

E quando tu parli sembrano darti una pacca sulla spalla e dirti “Si, si, ne parliamo poi… Vai, vai avanti che poi vedrai/vedrò/vedremo…”, che non è saccenza o presunzione, ma è la prudenza di chi conosce il mare, lo ammira e lo teme, e sa che fino a cose fatte non si può mai dire, non la puoi mai raccontare... Ricordo anche che, ormai in vista della città ma ancora in autostrada (viaggiavamo su un piccolo pulmino) ci mettemmo ridendo a cantare “Genova per noi” (“Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che abbiamo visto Genova…”), un pezzo allora famosissimo, scritto da Paolo Conte ma portato alla notorietà da un altro grandissimo, Bruno Lauzi, che proprio oggi è scomparso dopo anni di dura lotta contro il morbo di Parkinson. Nato ad Asmara (Eritrea) nel ’37 ma cresciuto a Genova, trasferitosi a Varese e (quasi) laureato (in legge) a Milano, è considerato uno dei padri della “Scuola genovese”, una specie di Dream Team della musica italiana tra gli anni ’60/’80. Gente come Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco (suo compagno di banco al ginnasio “Andrea Doria”), Gino Paoli, Umberto Bindi.

Una scuola che, nel panorama italiano, ha detto e fatto non dico tutto ma molto, caratterizzando in modo notevolissimo tutta la musica italiana del dopo guerra, spaziando dalla canzone impegnata al cantautorato, dall’autorato più leggero (ma sempre raffinato) al bel canto, fino ad arrivare al sonetto e alla chansonne francese. Lauzi incarnava quasi tutte queste espressioni, più qualcuna ancora. Cabarettista al Derby di Milano (dove conosce e si esibisce con Jannacci, Lino Toffolo, i Gufi, Cochi e Renato), interprete apprezzato per la voce “sporca” di molte canzoni di Mogol-Battisti (“E penso a te”, “L’aquila”, “Amore caro, amore bello”, ecc.), autore raffinato per cantanti del carisma di Mina, Ornella Vanoni (“L’appuntamento”) e Mia Martini (“Piccolo uomo”, “Almeno tu nell’universo”, ecc.), fino alla sua atavica passione per il jazz (condivisa con Tenco e Conte) e la musica sud americana, brasiliana in particolare (tipica è la cadenza che fa somigliare così tanto il portoghese al dialetto genovese), che si esprime in un proficuo sodalizio artistico con il grande poeta Vinicius De Moraes.

1968: Bruno Lauzi con Cochi e Renato

Fu anche autore di canzoni per bambini, come “La tartaruga” e la mitica “Johnny Bassotto” (“Chi ha rubato la marmellata? Chi sarà? Che poliziotto, Johnny Bassotto…” - se avete almeno 30 anni e non la ricordate, rischiate di essere audiolesi o terribilmente smemorati...). Fu ancora lui a lanciare proprio Paolo Conte, un tempo “il suo avvocato che si dilettava a scrivere canzoni”. Di Conte interpretò la già citata “Genova per noi”, ma anche “Onda su onda” e “Bartali”. È ancora lui il primo a ospitare in una trasmissione televisiva gli allora sconosciuti Claudio Baglioni, Roberto Vecchioni ed Edoardo Bennato. Ma in tutta la poliedrica attività di Lauzi, il tratto distintivo pare essere sempre “la poesia”, tratto che oltre che nella musica si concretizza nella sua trasversale attività editoriale e letteraria, che spazia, manco a dirlo, dal giornalismo, al verso, al romanzo. Su un noto quotidiano di oggi, Paolo Conte, citando Vecchioni, lo chiama affettuosamente “Bastian Contrario”, uno che va sempre controcorrente. Lui amava (pare) definirsi un “poeta fungaiolo”, da accanito cercatore di funghi quale era (l’eno-gastronomia era un’altra delle sue grandi passioni).

Negli ultimi anni era diventato pure testimonial dell’AIP – Associazione Italiana Parkinson. Una delle liriche contenute nel suo secondo volume di poesie intitolato “Esercizi di sguardo” (Ed. Marittime - Milano - casa fondata dallo stesso Lauzi) è diventata una specie di manifesto per l’AIP (“La mano” è infatti ispirata al tremolio della mano dell’autore, ormai incapace di scrivere). Ma nonostante la sua multiforme attività e i numerosissimi riconoscimenti ricevuti in carriera, questo grande artista (come altri della Scuola genovese) rimane per molti (soprattutto per i più giovani) un autore di nicchia. I media parlano di queste persone solo in alcuni momenti della loro vita professionale, raramente in occasioni che potremmo definire belle o normali (che ne so, una tournée, un cd o un concerto), oppure in occasione di fatti tragici (la morte).

Faccio mea culpa perché dedicandogli ora questo spazio, anch’io, e con me Nuovo Progetto, abbiamo fatto come tanti altri giornali, radio o siti web, ma mi auguro e vi auguro che questa sia un’occasione trovata e non persa; l’occasione di documentarsi, di leggere e ascoltare, per scoprire qualcosa che non sappiamo e, ne sono certo, non immaginiamo riguardo le opere di questo curioso personaggio basso, tozzo e riccioluto, che ha impiegato molto del suo tempo e delle sue energie a remare contromano.

brunolauzi.it

 

 

 

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