Tutto è politica

Pubblicato il 09-10-2020

di Monica Canalis

L’emergenza sanitaria non è ancora finita, ma i primi segnali di ripresa ci incoraggiano a pensare al futuro.
Dalle situazioni difficili si esce insieme. L’epidemia ha confermato una volta di più l’interdipendenza tra le persone, la necessità di fare comunità, e ci ha fatto toccare con mano la nostra vulnerabilità e debolezza che ci riporta a un bisogno di unità con gli altri. Sfide come questa o le affronti insieme o non ne esci. Siamo tutti parte della stessa umanità, della stessa famiglia umana, e soltanto insieme possiamo trovare le soluzioni scientifiche, sociali ed economiche per questa crisi.
È però necessaria una riconversione, a tutti i livelli. Dalla scuola all’industria alla sanità.

E soprattutto è necessario riconoscere che c’è una responsabilità comune.
Sicuramente ai politici spettano le decisioni più evidenti, ma siamo tutti classe dirigente, tutto è politica, perché le istituzioni su cui si regge il Paese non sono solamente di carattere legislativo e governativo, ma anche giudiziario, mediatico, economico, sociale.
Le guide dei partiti e del Governo sono classe dirigente, ma anche gli imprenditori, i sindacalisti, gli uomini di Chiesa, i docenti, i magistrati, i giornalisti, gli alti funzionari pubblici, i presidenti delle associazioni, delle Università e delle Fondazioni. Tutti coloro che hanno la possibilità di influenzare l’opinione pubblica o di plasmare l’identità di una società sono classe dirigente. Dunque non soltanto i politici.

Ciascuno di noi, poi, in qualche modo fa politica, quando adotta uno stile di consumo piuttosto che un altro, quando partecipa ad una petizione o ad una manifestazione pubblica, quando vota, quando decide di contribuire alla vita della propria comunità facendo volontariato o sostenendo un’associazione con i propri risparmi, quando rilancia certi messaggi sui social.
L’identità di una società si plasma anche così, tramite la somma di tante scelte individuali che diventano collettive e possono essere animate da un’attenzione comunitaria.

Nel momento in cui pensiamo che tutto dipenda dai politici, si dissolve l’idea stessa di democrazia, si allenta il legame tra rappresentanti e rappresentati, tra eletti ed elettori, tra chi esprime una delega e chi la esercita. I politici non arrivano da Marte, sono scelti dai loro concittadini, almeno nelle democrazie, e sono lo specchio della società che li elegge. È quindi molto comodo additare soltanto i politici come fonte dei problemi di una società.
I politici sono un tassello dell’ingranaggio, spesso determinante, ma non sono gli unici responsabili.
Pertanto è importante formare buoni politici, ma anche buoni magistrati, buoni giornalisti, buoni funzionari pubblici, buoni imprenditori, buoni sindacalisti, buoni uomini di chiesa, buoni docenti universitari ecc. Anche perché quasi sempre il politico passa, mentre gli altri restano.
I cittadini, inoltre, possono svolgere un ruolo di controllo, su come vengono spesi i soldi, su come si comportano le persone che sono state elette, su quello che accade nelle istituzioni.
Una cittadinanza matura e attenta, in tutte le fasi della vita democratica e non solo il giorno del voto, è un ottimo antidoto alla corruzione e al degrado morale.

Nel 2015 usciva il libro del filosofo canadese Alain Deneault, che provocatoriamente si intitolava “La mediocrazia”.
La tesi dell’autore è che al giorno d’oggi, per essere cooptati nelle imprese come nelle organizzazioni e nei posti decisionali, vinca il conformismo.
I mediocri avrebbero preso il potere, la competenza avrebbe ceduto il posto all’esecuzione pura e semplice, senza alcuna arte e perizia specifica.
Ed effettivamente è sempre più diffusa l’impressione che i nostri politici e l’intera classe dirigente siano piuttosto mediocri o addirittura che i migliori se ne vadano all’estero, esasperati dai contorti e opachi meccanismi di selezione della classe dirigente italiana. Il punto allora non è tagliare il numero dei parlamentari o lanciare nuove campagne anti casta nascondendosi dietro a forme di epurazione che non cambiano le prassi, ma andare al nocciolo della questione, re-impostando i processi di formazione e selezione della classe dirigente, politica e non, per far emergere e sostenere le persone più capaci e serie, che ci sono in abbondanza e saranno indispensabili per ripartire dopo la crisi del Covid-19.
Bisognerà davvero volare più alto della mediocrità.

Come dice Ernesto Olivero, «le parole chiave sono due: competenza e speranza, per fare un salto di qualità nell’agire pubblico. Ripartiamo dalla serietà delle competenze, ripartiamo dalla speranza di imparare da quello che abbiamo vissuto, ripartiamo anche dalla nostra paura, dalle nostre fragilità. Ripartiamo dai problemi che incrociamo, proviamo a guardarli in un modo diverso: già trasfigurati e trasformati ». Riconvertiti.

Monica Canalis
Focus
NP agosto / settembre 2020

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