Lo sport che unisce

Pubblicato il 12-03-2022

di Redazione Sermig



I sogni più belli si fanno da svegli,
nella concretezza della vita e con lo sguardo in alto. L'unico metodo che ti fa vedere oltre: luoghi che possono essere trasformati, vite ferite che possono entrare nella pienezza, strappi e tensioni sociali che possono ricomporsi. Il Pala-Sermig è la somma di tante sfumature, un sogno di dialogo e integrazione attraverso lo sport su cui ha voluto mettere il sigillo anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Il 12 novembre non sarà ricordato per un semplice taglio del nastro, ma per il bene che nasce quando tante persone accettano di mettersi in gioco. Il Presidente, insieme ai bambini e ai ragazzi dei quartieri torinesi di Aurora e Porta Palazzo, è stato testimone di come lo sport possa diventare progetto educativo.
Lo ha visto nei volti sereni che lo hanno accolto, nella musica, nelle squadre di calcio e di volley del Sermig, nella ginnastica delle bambine della Tigers Academy, nell'esperienza dei Bocciabili che hanno fatto dello sport un elemento vero di inclusione. È il mondo che popolerà da adesso il PalaSermig, un palazzetto polifunzionale con oltre 400 posti costruito in appena dieci mesi.

I lavori hanno preso il via a gennaio, quando sono iniziati gli scavi. Tra febbraio e marzo sono state messe le fondazioni, da maggio a giugno è stato posato il tetto e completata la struttura, a luglio le rifiniture, ad agosto gli impianti, a settembre il parquet ed infine ad ottobre gli arredi. «In tutti questi anni – aveva spiegato Ernesto Olivero, fondatore del Sermig – abbiamo capito che lo sport è uno strumento incredibile per diffondere tra i più piccoli i valori del rispetto, della convivenza e dell'amicizia». Un sogno diventato finalmente realtà. (redazione)


Abbiamo iniziato togliendo le siringhe dallo stesso punto dove, poco dopo, i ragazzi avrebbero messo giù i bastoni e i coltelli prima di giocare. Le fabbriche abbandonate dall'altra parte della strada e una discarica abusiva davanti alla porta d'ingresso. Facce cattive in cerca della loro infanzia perduta in un pezzo di città abbandonato da tutti, ma sempre pieno di bambini e di ragazzi che volevano giocare, il posto dove abbiamo imparato che, davvero, la bontà è disarmante: un sorriso ed una stretta di mano di benvenuto a chi era abituato ad essere evitato da tutti per la paura, ragazzi che smettevano di spacciare e fare cose brutte. Almeno per una partita.

Nel cuore di una delle città più grandi del nostro Paese, non c'era un italiano e gli stranieri eravamo noi, un pallone era l'unico linguaggio che potevano capire tutti. Ogni squadra apparteneva ad un'unica etnia, tutti gli altri erano nemici.
Non volevamo fare vincere la botte e ci siamo inventati il sogno di una squadra, la magia di una maglia con sopra la scritta pace e il disegno di tutte le bandiere del mondo a cui ognuno potesse sentire di appartenere, perché l'anima di tutti ha lo stesso colore.

Abbiamo iniziato andando con un furgone alla ricerca dei ragazzi per la strada e nei giardini prima delle partite, il bisogno di regole per non perderci e per non perderli, l'obbligo di parlare in italiano, se no con non si gioca. Loro erano bravissimi con la palla e un po' meno senza.
Insieme abbiamo vinto tornei e campionati, ma perso tante partite. Ragazzi che sparivano, rifacendosi vivi con una lettera dalla prigione.

Pensiamo a loro ora. Ora che è tutto nuovo e tutto bello, ora che un pezzo di città è stato restituito ai bambini ed alle famiglie che ci abitano vicino, ora che sul volto di chi si avvicina compare la meraviglia al posto della paura, ora che tutti vogliono venire a giocare qui. Ora che la palla è al centro e l'arbitro sta per fischiare. Non è solo una partita.
Per qualcuno è il confine. Tra il bene e il male, l'amicizia e l'odio, la cura e l'abbandono, l'integrazione e la devianza. É la domanda con cui ci svegliamo ogni giorno: riusciremo a volergli bene più del male che vuole abitare dentro il loro cuore? Davanti passa un bambino con un amico, ha le scarpe bucate ed in mano un pallone tutto rattoppato, alza gli occhi verso il cielo e racconta il suo sogno: anche noi vogliamo giocare nella Pace. (Marco Grossetti)

Focus
NP dicembre 2022

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