La forza della ragione

Pubblicato il 22-11-2020

di Renato Bonomo

Nelle vicende umane le grandi trasformazioni politiche sono state spesso accompagnate da guerre e rivoluzioni. Raramente i cambiamenti avvengono in modo pacifico. Oltre all’esempio dato dal nostro Paese nel 1946 con il passaggio dalla monarchia alla repubblica mediante referendum, un altro significativo episodio di trasformazione pacifica fu il passaggio da confederazione a federazione dei neonati Stati americani nel 1787. Fu una tappa decisiva del costituzionalismo liberale e democratico.

Dopo aver dichiarato l’indipendenza nel 1776 e sconfitto la Gran Bretagna, le 13 colonie americane divennero Stati indipendenti. All’inizio, ogni Stato mantenne grande autonomia rispetto agli altri. Sorsero così conflittualità, dispute commerciali che rischiarono di indebolirli e portarli alla guerra. L’insostenibilità della situazione e il timore di una nuova iniziativa britannica spinsero gli americani a discutere il proprio destino in un’apposita Convenzione a Filadelfia. Prevalse l’idea che solo un’unità di tipo federale potesse meglio salvaguardare l’indipendenza dai nemici esterni e garantire la prosperità dei propri cittadini. Solo generando una forte unità capace – allo stesso tempo – di salvaguardare le differenze si sarebbe potuto sopravvivere e crescere. Con tutti i limiti del caso, non si può negare che ebbero ragione. All’interno di questa vicenda ci vogliamo però soffermare su un momento particolare. Al termine dei lavori della Convenzione di Filadelfia che portò alla redazione della Costituzione federale tuttora in vigore, ogni singolo Stato dovette ratificare l’accordo. A New York la polemica fu molto accesa. Sui giornali si moltiplicarono gli attacchi alla nuova costituzione accusata di aumentare il potere centrale a discapito di quelli locali. Tre grandissimi uomini politici, che ebbero poi enormi responsabilità nel governo federale, si assunsero il compito di rispondere alle accuse scrivendo numerosi articoli rivolti al popolo di New York. Punto su punto, con pacatezza e precisione, dimostrarono l’utilità dell’Unione per la prosperità individuale e collettiva, la bontà del sistema repubblicano per la difesa della libertà. Si chiamavano Hamilton, Madison e Jay. Madison divenne addirittura il quarto presidente degli Stati Uniti.

La validità dei loro scritti fu subito riconosciuta tanto che gli articoli vennero raccolti in un testo Il federalista che è a tutt’oggi uno dei più importanti testi di dottrina costituzionale. Sicuramente non fu solo merito loro se a New York la popolazione scelse di ratificare la Costituzione. Ma il loro operato insegna qualcosa al nostro presente: è possibile fare politica usando le parole per spiegare e non per offendere, proporre ragionamenti e non slogan vuoti, parlare senza urlare e demonizzare. Forse in questo modo si può fare molta più strada.


Renato Bonomo
NP ottobre 2020

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