Il mandato del Presidente

Pubblicato il 12-03-2022

di Renato Bonomo

«Questo è quello che vorrei sottolineare ancora una volta: le cose che appaiono impossibili non lo sono. È possibile purché vi sia iniziativa, fiducia, affidamento alla solidarietà.
Per questo vorrei anche io ringraziare quelli che hanno contribuito a questa iniziativa, a realizzarla: hanno dato un grande contributo, un grande esempio di come si vive insieme, di come si è insieme comunità».


NELLE SCARPE ALTRUI

Presenziando a Torino all'inaugurazione del PalaSermig, la nuova struttura sportiva che ha già cominciato ad accogliere ragazzi e giovani del quartiere Aurora, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alludendo al dono di un paio di scarpe da calcetto appena ricevute in dono dai bambini, ha invitato tutti a mettersi nei panni degli altri: «Nelle scarpe altrui è un modo di dire che è molto significativo, come mettersi nei panni degli altri, […]. In realtà si scopre che sono i panni propri, si scopre che la sorte degli altri è anche la sorte nostra, che si realizza insieme a quella degli altri». Una grande speranza per il futuro che però ha già messo radici nel presente, una grande responsabilità da vivere e custodire ogni giorno, sapendo che, come ci disse già in un'altra occasione: «abbiamo bisogno di tenere sempre vigile la coscienza per affrontare le responsabilità».


UN MANDATO CIVILE

Il tema della comunità è molto caro al Presidente, tanto da esprimerlo più volte nel corso degli incontri che ha avuto con la nostra fraternità. L'inaugurazione del PalaSermig è stata soltanto l'ultima tappa di una serie di appuntamenti iniziati sei anni fa, un cammino che tra Torino, Roma, Pecetto e Madaba ha visto crescere la stima e l'amicizia con il Presidente. Una tappa che raccoglie i frutti di questi anni pieni di dialogo, emozioni, parole ricche di significato e mai di circostanza: un mandato civile di straordinaria importanza che il Presidente lascia al Sermig e all'intera società, un patrimonio di idee che ci permetterà in futuro di trovare altri spunti di impegno e di confronto con la società civile.

Nel messaggio televisivo del 31 dicembre 2018, dopo aver visitato l'Arsenale e ricevuto la cittadinanza onoraria della Città di Felicizia, immaginaria forse i bambini dell'Arsenale della Piazza, Mattarella lo disse chiaramente: «dobbiamo guardarci dal confinare i sogni e le speranze alla sola stagione dell'infanzia come se questi valori non fossero importanti nel mondo degli adulti.
[…] Il nostro è un Paese ricco di solidarietà.

Spesso la società civile è arrivata, con più efficacia e con più calore umano, in luoghi remoti non raggiunti dalle pubbliche amministrazioni».
Sin dai primi incontri, nel 2015, parlando ai giovani dell'Arsenale in delegazione, disse: «Il nostro è un Paese in cui vi è bisogno di riprendere il senso di comunità nazionale, di sentirsi parte di una comunità in cui ci si rende conto che la libertà non è piena se non è anche condivisa dagli altri, che non si è pienamente realizzati se non lo sono anche gli altri, tutti gli altri». A rileggerlo ora questo passaggio rivela tutta la sua carica profetica; cinque anni prima del Covid, Mattarella indicava già l'urgenza di una nuova definizione comunitaria di libertà, al di là di ogni forma di egoismo, e di una nuova visione circa i rapporti sociali, fondati sulla solidarietà e l'accoglienza.

In questo senso, il Presidente vedeva nella nostra fraternità un possibile esempio di comunità civile capace di rinnovare lo spirito della più grande comunità nazionale.
In un clima di contrapposizioni crescenti non solo in Italia ma in tutta Europa è più che mai urgente puntare sul tema della comunità come ancora di salvezza.
La stessa esperienza della pandemia dimostra che, se non la si affronta insieme, si affonda tutti. Ma questa considerazione deve valere per ogni ambito della vita.
Non c'è distinzione tra micro e macro, vale tanto per ogni singolo nucleo famigliare quanto per l'intera Europa, di cui Mattarella ha più volte evidenziato l'importanza.


COSTRUIRE RELAZIONI

In occasione delle Giornate del Perdono proposte dal Sermig, Sergio Mattarella ci aveva invitato a continuare ad essere un laboratorio di pace, capace di ricostruire il tessuto sociale e generare nuove forme di relazioni a partire dal perdono. «Il perdono è una chiave di umanità. […] È il dono, la gratuità che genera società, che contrasta la violenza, che consente all'umanità di progredire.

L'odio moltiplica l'odio. Il dono, invece, apre alla vita». Ancora: «Il perdono, passo per la riconciliazione tra le persone e tra i popoli, genera vita, libera la nostra umanità, crea amicizia e comunità. Il perdono apre la porta alla pace, e dunque costruisce il futuro. Il perdono non cancella la memoria, non nega la giustizia, ma ci rende più forti della paura e della violenza».

Pace e perdono sono elementi costitutivi di ogni società. Non sono parole o concetti astratti, ma atteggiamenti, comportamenti concreti che si presentano quotidianamente come scelte individuali e collettive. Il mondo si cambia con i fatti e non con le parole. «La pace è una costruzione che impegna tutti e ciascuno, ogni giorno, in ogni luogo, a cominciare da quello in cui si vive. La pace ci riguarda e ci sfida a essere coerenti nella vita quotidiana con i suoi valori profondi. Per questo non si deve consentire che un compagno di studi venga deriso per una disabilità, che un compagno di giochi venga emarginato per il colore della pelle, che un vicino di casa sia abbandonato nella povertà e nel bisogno».

L'impegno educativo e sportivo nei confronti dei bambini e dei ragazzi, il servizio di accoglienza, le cure mediche e la distribuzione di beni di prima necessità alle persone più indigenti, la promozione culturale, l'aiuto e il sostegno alle popolazioni più povere del mondo, assumono allora un significato politico volto a dare fondamento e concretezza ai valori che i padri costituenti hanno trascritto negli articoli della nostra Costituzione.

Un modo per incarnare tali principi in azioni concrete e progetti sociali ed economici realizzabili Ma non solo, anche settori apparentemente estranei alla dimensione etica possono essere vissuti in una prospettiva orientata al bene comune. Parlando dei risvolti di carattere economico-organizzativo del Sermig presentati nel proprio bilancio nel 2019, il Presidente ha ribadito la stretta connessione tra economia ed etica e riferendosi al valore economico prodotto dalle attività del Sermig ha detto: «Questo è un esempio di come, in realtà, si incrociano spontanei fatti economici collegati al volontariato, la spontanea dedizione di sé per solidarietà. Questa è una realtà importante».


GIOVANI IN PRIMO PIANO

Un altro tratto comune che ha caratterizzato il legame con il Presidente è l'impegno condiviso per le nuove generazioni.
Parlando ai giovani del Sermig, il Presidente si è sempre rivolto in realtà a tutti i giovani, invitandoli a prendere in mano la loro vita e, con essa, anche il presente e il futuro dell'intera comunità.

«La vostra prova di concretezza, mentre discutete e lottate per un mondo più giusto, sta nel partire da voi stessi. Ciò che chiediamo agli altri, ciò che pretendiamo dalla comunità, dobbiamo essere capaci di realizzarlo nella nostra vita, a partire dalle persone che ci sono vicine. […] Non tiratevi indietro.
[…] saremo tutti migliori se il vostro entusiasmo contagerà gli altri. […] Siate liberi non abbiate paura di dire qualcosa di scomodo o fuori dal coro, o apparentemente impossibile quando gridate e cantate per la fratellanza tra gli uomini, per la pace. Il mondo siete voi». «Voi giovani da qualunque parte veniate dovete far sentire la vostra voce, la vostra domanda di pace».

L'ultimo, pressante, invito è a tenere uniti lo sguardo rivolto al futuro e l'impegno concreto nel presente perché «si deve fare ciò che è possibile oggi.
Tenendo, comunque, alta la testa sul domani e coltivando sin da ora il progetto di un futuro migliore. […] tenere insieme il lavoro concreto, minuzioso di solidarietà con una semina che riguarda invece il mondo intero».


Renato bonomo
Focus
NP dicembre 2021

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