Lo Spirito si è posato sulla storia con un sì

Pubblicato il 14-02-2014

di Luciano Monari

Illustrazione di Gian Piero Ferrari di Luciano Monari*Gli Atti degli Apostoli descrivono la vita della prima comunità di Gerusalemme, dopo l’Ascensione del Signore, così: “Tutti questi [gli undici] erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui” (At 1,14).

È il periodo che precede la Pentecoste e i discepoli obbediscono all’indicazione di Gesù: “ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, quella – disse – che avete udito da me:… voi sarete battezzati in Spirito Santo” (At 1,4-5). Il comando di Gesù è comprensibile: i discepoli sono mandati per continuare la sua stessa missione e, naturalmente, debbono essere equipaggiati per un compito così alto; e quale equipaggiamento può essere sufficiente se non lo Spirito Santo? Si tratta, infatti, di immettere nella storia la volontà di Dio, di dare alla propria esperienza la forma dell’amore e della santità di Dio e questo solo lo Spirito Santo è in grado di farlo: il Padre lo ha promesso e lo donerà; ma fino a quel momento i discepoli dovranno rimanere in attesa.

Non si tratta, però, di un’attesa passiva che lascia semplicemente passare i giorni fino a che l’evento si verifichi. Piuttosto bisogna che il piccolo gruppo si prepari perché il cuore dell’uomo non è sempre disponibile a ricevere i doni di Dio: l’egoismo si oppone al dono di uno spirito di amore, l’orgoglio rifiuta uno spirito di servizio, l’avidità si ritrae di fronte a uno spirito di generosità… Ci vuole un cuore puro per accogliere lo Spirito di Dio, un cuore che accetti di conformarsi alla volontà di Dio, anzi che lo desideri con tutto se stesso. Per questo la preparazione consiste nello stare insieme concordi (superando la tentazione dell’isolamento) e nella preghiera (superando la tentazione dell’autosufficienza).

Si capisce bene perché in questa piccola comunità che si raccoglie nel Cenacolo sia presente Maria. È lei che ha accolto all’inizio il messaggero di Dio che le trasmetteva la Parola e le prometteva il dono dello Spirito; e tutto è cominciato con il suo perfetto alla chiamata di Dio. Lei dunque sa bene come si riceve lo Spirito perché è proprio per la forza di questo Spirito che la Parola di Dio si è fatta carne in lei. Ai discepoli, alla Chiesa viene chiesto qualcosa di simile a quello che Maria ha già fatto (ascolto della parola, fiducia nella potenza di Dio, obbedienza con la propria vita). Avendo Maria in mezzo a loro, impareranno a pregare nel modo giusto e il loro cuore diventerà accogliente, ricco di desiderio e di speranza. Anche in questo caso, dunque, Maria è modello della Chiesa; la Chiesa guarda a lei per comprendere se stessa e la sua vocazione, per vivere la fede e la perseveranza. Anzi, Maria sta essa stessa in mezzo alla Chiesa; con lei la Chiesa prega e ama e impara a obbedire come serva umile del Signore.

Come per il gruppo dei discepoli dei quali gli Atti riferiscono i singoli nomi (Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea…), anche per la madre di Gesù san Luca ricorda esplicitamente il nome. Può essere cosa da niente eppure fa riflettere. Naturalmente è la maternità divina che fonda tutta la grandezza di Maria nella storia della salvezza; nello stesso tempo è giusto riportare questa funzione a una persona concreta, a un volto femminile, a un nome, a una storia. È sempre così: l’opera di Dio ci supera immensamente eppure si compie attraverso di noi, attraverso i tratti concreti della nostra esistenza umana. Anche in questo il riferimento a Maria ci aiuta: ad accettare con semplicità quello che siamo e a mettere tutto noi stessi – temperamento, capacità, passato, sogni… – nelle mani di Dio perché la sua salvezza si compia in noi e, attraverso di noi, per tutti.

* Vescovo di Brescia

Abbi fede – Rubrica di Nuovo Progetto (ottobre 2013)

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