Vite in transizione

Pubblicato il 17-12-2023

di Luca Periotto

«…Erano le cinque del mattino e il “cortiço” si destava
aprendo, non gli occhi, ma la sua infinità
di porte e di finestre allineate.
Un destarsi allegro e sazio di chi dormì
in una volta sette ore di piombo.
Si sentivano ancora, come nell’indolenza di una
nebbiolina, le note estreme dell’ultima chitarra
della sera precedente, dissolversi alla luce bionda e
tenera dell’aurora, come neanche un respiro
di nostalgia perso in terra altrui ».

Aluísio de Azevedo

I problemi abitativi tipici del Brasile sono generalmente ricondotti dall’immaginario collettivo alle favelas. Nella seconda metà dell’Ottocento, mentre l’Europa stava affrontando gravi problemi demografici, San Paolo si trasformò in pochi decenni da avamposto coloniale secondario in un prototipo di città globale.
Ciò permise all’élite paulista del caffè, di sostituire sistematicamente gli schiavi con una forza lavoro europea a basso costo, altrettanto sfruttata, inviata in massa a San Paolo da Italia, Spagna e Portogallo grazie a programmi di migrazione sponsorizzati dallo Stato. Quasi tre quarti di milione di immigrati entrarono in città tra il 1886 e il 1900, e presto la maggioranza della sua popolazione fu costituita da immigrati o dai loro discendenti.

Una volta che l’immigrato giungeva a destinazione, la seducente propaganda del cosiddetto “Nuovo Mondo” fu prontamente disillusa dalle terribili condizioni di lavoro e abitative. Ciò consentì comunque all’entroterra brasiliano e alla regione limitrofa che faceva capo a San Paolo di diventare il primo produttore di caffè al mondo entro la fine del secolo. O cortiço (in inglese: the slum) significa “ alveare”, e rende meticolosamente l’idea dell’intricato microcosmo di uno slum sovraffollato del XIX secolo. Ospitano persone, ma queste abitazioni di pochi metri quadrati non sono tali da poter essere considerate residenze vere e proprie. I cortiços sono luoghi angusti, malsani, spesso ripugnanti, frutto della speculazione finanziaria che applica la formula di locazione al metro quadro, in locali fatiscenti e condivisi, con un solo bagno in comune, dove spesso mancano la luce e il gas. In un secolo e mezzo i cortiços hanno praticamente ammazzato le forze vive del lavoro, abbattute dalla fatica di vivere in promiscuità, purtroppo costrette dalla povertà a dover accettare questa unica soluzione che garantisca loro un’alternativa alla strada. Tuttavia, dovrebbe essere impedito alle persone di acconsentire a queste condizioni, così simili a un ricatto, anche solo per ovvie ragioni igienico sanitarie. Un affare per gli investitori capitalizzare questi tuguri che ospitano una parte significativa della popolazione a basso reddito, senza richiedere costosi investimenti infrastrutturali, accogliendo lavoratori e servi esattamente lì dove ce n’era e ce n’è più bisogno. Dal punto di vista industriale, non aveva (e non ha) senso collocare gli alloggi dei lavoratori nelle zone più critiche nella periferia della città, perché i lavoratori non potevano permettersi un alloggio lontano dal luogo di lavoro con il loro magro salario e una giornata lavorativa di 14 ore. Un orario che non ammetteva poi il tempo di viaggio tra andata e ritorno, visto che il luogo di lavoro era quasi sempre nel centro della città.


Luca Periotto
NP novembre 2023

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