Ritornate a me

Pubblicato il 27-06-2023

di Rosanna Tabasso

Anche quest’anno il tempo di quaresima è iniziato con una Parola accorata: Ritornate a me (Gl 2,12-18). Attraverso il profeta Gioele il Signore si rivolge a tutti noi come a figli e ci supplica di ritornare da lui, proprio come un padre o una madre supplicano il proprio figlio che si è allontanato e perso, di tornare nella casa di origine per ritrovare le proprie radici. Questa parola pronunciata da Dio mi risuona come un suo grido di dolore, mentre in questi giorni facciamo memoria di un anno di guerra in Ucraina: migliaia di morti, migliaia di sfollati, territori devastati, distruzione ovunque.

Ripeto come un rosario Ritornate a me mentre la memoria visita altre decine di conflitti aperti nel mondo da molti più anni, dove intere generazioni non hanno conosciuto altro che l’orrore della guerra con le sue devastazioni. Ritornate a me mi ripeto pensando alla minaccia nucleare che insidia la vita dell’umanità e del pianeta. Ritornate a me mentre la mente passa in rassegna i nostri fallimenti: abbiamo dissipato i beni più preziosi, abbiamo sprecato, inquinato, devastato la terra, permettiamo ancora che il nostro mare sputi fuori cadaveri di migranti e profughi in cerca di qualche speranza di vita migliore. Anche Dio ripete: ritornate a me, ritornate a me, non avete più nulla di certo davanti a voi, ritornate a me. Lo grida a ogni donna, a ogni uomo, qualunque sia il posto che occupa perché ognuno con Dio può fare di più per il suo pezzo di mondo. Lo grida ai grandi della Terra, a chi ha potere di decisione sulle sorti dei popoli e delle nazioni, perché senza Dio hanno intrapreso una via senza scampo.

Ed è ancora più accorato l’invito che ci rivolge attraverso san Paolo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20-6,2). Non ci chiede nemmeno lo sforzo di arrivare a Dio con le nostre forze, perché è Gesù che ha fatto il passo decisivo verso di noi, è lui che accoglie, che cura, che guarisce; è lui che guida e conduce e ci offre la strada per non farci cadere nel baratro. Ci chiede di cercarlo e poi di lasciarlo agire in noi, di dargli fiducia perché gli sta a cuore il nostro bene e non altro. Non ci chiede nemmeno la volontà di fare sacrifici, ci chiede solo di corrispondere al suo amore ed è il nostro cuore tenero, aperto alla riconciliazione che cerca: «Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici» (Mt 9,13).

Riconciliarci con lui ci riconcilia anche con noi stessi. Il suo Spirito ci fa nuovi; in nome di Cristo e a sua immagine trasforma l’acqua della nostra esistenza in vino buono, guarisce le nostre vite dalle paralisi che ci impediscono una vita piena, moltiplica il nostro poco e ci rende capaci di cose grandi. E ci riconcilia con gli altri, non più avversari ma fratelli, non più nemici, ma amici. Solo lui ci rende capaci di cambiare lo sguardo diffidente, ostile che abbiamo spesso tra noi, ci rende capaci di comprendere e andare oltre le ragioni dell’uno e dell’altro, di trovare strategie nuove per vivere insieme. Ci rende capaci di andare oltre i ruoli che ognuno ricopre e ricercare ciò che sta nel cuore di Dio.

Spesso nel nome di Dio ci siamo armati con tutte le armi di cui disponiamo fino ad arrivare alla guerra contro qualcuno dichiarato nemico. Abbiamo tirato Dio dentro in nostri interessi, senza tenere conto che da Gesù in poi la legge antica dell’occhio per occhio, male per male, non serve più, perché il comandamento dell’amore reciproco è più grande, e la pace ne è il punto di arrivo. Ce l’ha ricordato papa Francesco incontrandoci il 7 gennaio: «Il sogno che anima i cuori degli amici del Sermig è la speranza di un mondo fraterno. … di questo voglio rendere grazie a Dio con voi, perché questa è un’opera che non si può fare senza Dio. Perché la guerra si può fare senza Dio, ma la pace si fa solo con Lui».


Rosanna Tabasso
NP marzo 2023

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