Ridurre, ma come?

Pubblicato il 13-07-2023

di Davide Bracco

Sto leggendo un interessante libro di cinema, La bella confusione (ed. Einaudi), dello scrittore e sceneggiatore Francesco Piccolo che tratta dell’estate del 1963 quando due dei massimi capolavori del cinema, Otto e mezzo di Federico Fellini e Il gattopardo di Luchino Visconti, vennero girati in contemporanea e delle tante vicende che si intersecarono tra i due set.

Piccolo si sofferma sul lavoro di trasposizione che la sceneggiatrice di fiducia di Visconti, Suso Cecchi D’Amico, fece a partire dal testo di Tomasi di Lampedusa. Un esempio ineguagliato di fedeltà e valorizzazione di un’opera letteraria, al punto che è impossibile capire se sia migliore il romanzo o il film. Perfetti entrambi.

Il dibattito su come trasporre un lavoro letterario al cinema è annoso. Da una parte chi pensa che l’opera debba essere tradotta il più fedelmente possibile per immagini e sviluppo narrativo che, in quanto tali, debbano essere così riprodotti come pensati in origine. Dall’altra alcuni ritengono che sia necessaria una riattualizzazione per temi e contenuti che così facendo li avvicinino al pensiero contemporaneo. Una discussione che interessa altri ambiti come l’attualizzazione di alcune opere liriche.

In questi giorni si parla di una seria TV dedicata al caso della prima avvocato donna italiana, la piemontese Lidia Poet che sul finire dell’800 tanto dovette lottare per esercitare l’avvocatura allora preclusa alle donne. La serie non ha un intento biografico nel senso stretto, ma utilizza la Poet per episodi in genere legal thriller nella Torino umbertina, in uno stile però che la caratterizza come una giovane moderna, con atteggiamenti del tutto simili alle adolescenti degli anni 2000. La motivazione registica è probabilmente quella di attrarre un pubblico teen capace di immedesimarsi in un personaggio storico che difese i suoi diritti e anticipò le istanze del movimento femminile, ancora oggi in auge tra le adolescenti. Ma questa impostazione ha deluso i tradizionalisti che hanno ritenuto che la memoria dell’impegno della Poet sia stata tradita.

Altri casi negli ultimi anni hanno interessato altri personaggi storici: scalpore fu il modo in cui Sofia Coppola (la figlia del grande Francis) trattò Maria Antonietta e il suo entourage a Versailles rappresentate come delle vacue ragazze nella Beverly Hills inizio secolo (si confrontino i due film Marie Antoniette del 2006 e Bling Ring del 2013). «Non esistono generi musicali, ma solo musica bella o brutta» diceva Leonard Bernstein: forse l’unico discrimine è se la trasposizione porta a un film/serie TV bello o brutto. Null’altro.

Davide Bracco

NP Aprile 2023

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