Ore Felici

Pubblicato il 10-08-2011

di Marco Grossetti

di Marco Grossetti - Non è uno slogan, è un pezzo di realtà, poco sbandierata, ma molto costruttiva.

 
 
Fare la mamma nel paese dei balocchi
No, a trasformare un burattino di legno in un bambino vero non c’è ancora riuscito nessuno. Stiamo inventando e scoprendo di tutto, però nessuno è mai arrivato a tanto. Quel famoso burattino era stato in un posto dove le giornate “si passano baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia daccapo”. Tre mamme si sono accorte che il Paese dei Balocchi esiste anche qui: la prima a Roma ha scoperto che la figlia sabato mattina invece che in classe era in discoteca, la seconda a Genova ha visto il volantino distribuito davanti alla scuola di sua figlia. Pubblicizzava un “leggings party”: per le ragazze che si presentavano con addosso i “leggings” (un particolare tipo di pantalone elasticizzato e aderente), un “chupito” gratis, un bicchiere di rum da bere tutto di un fiato, e subito dopo uno di succo di frutta per riprendersi. L’ultima ha trovato dentro la borsa di sua figlia, una ragazzina di 12 anni, una busta con 1.000 euro in banconote da 5. Purtroppo non li aveva rubati. La prima mamma ha chiamato le Iene, la seconda i carabinieri, la terza ha scritto una lettera a La Stampa.
 
Il gatto e la volpe, il grillo parlante e la fata turchina
In ogni angolo del Paese va di moda l’“Happy Hour”, letteralmente traducibile dall’inglese come “Ora Felice”. Non è sempre domenica, ma sabato sera sì: paghi uno e prendi 2, offerte e promozioni su birra, cocktail e superalcolici, tutte le sere in pub, locali e discoteche. Lo sballo praticamente gratis. Qui il futuro non esiste: Pinocchio un giorno si sveglia con le orecchie da somaro, come tanti giovani davanti alle prime difficoltà si svegliano con il vuoto dentro. Solo che non li aveva avvisati nessuno. Sogni fumati e mai cercati, sogni bevuti e dimenticati. Essere giovani oggi è tanto difficile perché è molto più facile incontrare il Gatto e la Volpe che vogliono fregarti tutto, piuttosto che il Grillo Parlante o la Fata Turchina, che ti insegnano a dire dei no. Tanta gente ha bisogno dei loro soldi e della loro vita, qui all’Arsenale della Pace diciamo ai giovani che il mondo ha bisogno dei loro sogni. Ne incontriamo tantissimi ogni giorno, e prima che vadano via gli chiediamo: avete un sogno? Realizzatelo per favore.
 
Il villaggio globale: 2 ore non bastano per cambiare il mondo
Se la Fata Turchina è occupata basterebbe incontrare Rinaldo, il responsabile della Re.Te., il gruppo del Sermig che si occupa delle spedizioni umanitarie e dei progetti di sviluppo. Per stare vicino ai giovani ha inventato il “Villaggio Globale”: all’inizio impegnava per 2 ore al sabato pomeriggio i ragazzi della zona di Pinerolo, in provincia di Torino. Ma 2 ore alla settimana non bastano per cambiare il mondo. Allora ha bussato alla porta di sindaci, presidi ed imprenditori. Il risultato è che tutti sono diventati responsabili in prima persona di un progetto, per portare sviluppo e giustizia in giro per il mondo e per aiutare i giovani ad avere il loro futuro. I veri protagonisti comunque sono loro: ad Orbassano i ragazzi fabbricano le lampade di Aladino, per portare la luce in Mali grazie all’energia solare, a Piossasco lavorano per lo sviluppo nel nord-est del Brasile, mentre i giovani di Bricherasio sono in tour con uno spettacolo teatrale per finanziare un potabilizzatore per l’Arsenale dell’Incontro in Giordania. Ma questo non è niente, per raccontare tutto quello che sta succedendo attorno al Villaggio Globale ci vorrebbe un libro: il bene non ha limiti e non ha confini.
 
Il Villaggio Globale - Sermig, CumianaIl gruppo di Mori: un mio amico doveva solo salutare una sua amica
Ce lo insegnano anche i ragazzi di Mori, un piccolo Paese in provincia di Trento. Come migliaia di altri giovani da tutta Italia sono passati dall’Arsenale della Pace, accettando la sfida di portare la buona notizia che il mondo si può cambiare in giro per l’Italia. Hanno trasformato l’entusiasmo iniziale in impegno concreto, diventando un segno di speranza per la propria comunità, come i ragazzi di Bari, Milano, Bonate, Genova, Napoli, Brescia… Tutto inizia nel 2003, quando Massimo passa per caso dall’Arsenale della Pace per accompagnare un amico che doveva salutare un’amica. All’inizio non ci capisce molto, respira soltanto la magia di tanti giovani tutti insieme che pregano, lavorano, fanno silenzio. E prima di tornare a casa compra un libro per capirci qualcosa. Dopo 2 anni torna con una decina di ragazzi del suo paese. Una canzone, “Se cambio io”, li aiuta a vedere il mondo alla rovescia: per cambiare qualcosa non servono le grandi decisioni prese a livello internazionale, ma le loro piccole scelte di tutti i giorni. È il primo passo di un cammino, è la nascita di qualcosa di nuovo: ragazzi che si sentono responsabili di trasmettere questo messaggio ai loro amici e ai loro compagni di scuola, attraverso l’esempio e attraverso la musica. In pochi anni sono diventati più di 100.
 
Faccio un po’ di tutto, dove mi chiamano vado
Poi ci sono loro. Camminano a fianco di rifugiati politici, di ragazze che scappano da storie brutte, di bambini che arrivano dall’altra parte del mondo insieme alla loro famiglia per curare malattie incurabili nei Paesi d’origine. Fanno semplicemente le pulizie, tagliano il pane, o puliscono l’insalata. Preparano gli aiuti per le popolazioni in guerra, o colpite da calamità naturali. Senza di loro l’Arsenale non andrebbe avanti. Sono ragazzi che di fronte ai problemi degli altri non si sono girati dall’altra parte, ma hanno detto “tocca a me, io ci sto, io ci metto testa, faccia e cuore”. C’è Elisa, che studia Scienze Strategiche. Ha chiesto di poter fare il tirocinio all’Arsenale, rifiutando tutte le proposte che le aveva fatto l’università. Il suo programma è “faccio un po’ di tutto, dove mi chiamano vado”. Insegnante di italiano, baby sitter, segue i progetti con le scuole e fa servizio nelle diverse accoglienze. Come Margherita, che invece studia sviluppo e cooperazione. Anche lei passa dalle pulizie alla preparazione delle spedizioni umanitarie, fino agli incontri con le scuole, facendo semplicemente “quello di cui c’è bisogno”.
 
Fatevi un giro dove il mondo sta già cambiando
Quando chiedo a Margherita se il mondo può cambiare, mi risponde “Certo”, senza pensarci. In fondo nessuno ha mai detto prima a tanti ragazzi che possono cambiare la vita di qualcun altro. Qui all’Arsenale lo facciamo, mettendoci a disposizione dei ragazzi che vogliono fare del bene, 24 ore su 24. Cerchiamo anche di regalare ai giovani un sogno: attraverso il Laboratorio del Suono e la Scuola per Artigiani Restauratori, tanti giovani possono diventare artisti o musicisti, trovare un lavoro, costruirsi un futuro Ora sono loro i protagonisti, come in un talent show o in un reality, solo che nessuno li sta usando. E un poco alla volta le “Ore” diventano “Felici” davvero, per se stessi e per gli altri. Qui dove il futuro comincia adesso, e il mondo sta già cambiando. Se non ci credete venite a farvi un giro.
Marco Grossetti
 
 
 

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