Liturgia per la famiglia umana

Pubblicato il 24-08-2020

di Flaminia Morandi

Perché le chiese moderne sono così brutte? Perché è difficile pregare in una chiesa buia e triste degli anni 50, ma anche in una chiesa barocca ridondante di ori, stucchi, e affreschi affollati? E ancora: non dovrebbe l’edificio della chiesa, già entrando, suggerire quello che il culto liturgico vuole comunicare?
San Giovanni Damasceno nell’VIII secolo suggeriva: “Se un pagano viene e ti dice: Mostrami la tua fede!...tu portalo in chiesa…”. In quale chiesa potremmo portare oggi uno che ci chiedesse la stessa cosa? A San Pietro?

A mostrargli il trionfalismo del potere, lo sperpero di denaro estorto con l’inganno delle indulgenze al popolo di Dio, il bronzo sottratto ai templi romani, le mura bagnate del sangue delle guerre di religione e della divisione fra i cristiani, nonostante il colonnato insista nei secoli a cercare di abbracciare tutta l’umanità? Non lo porteremmo piuttosto in una piccola pieve di campagna o in una chiesa antichissima come Santa Maria in Cappella a Roma o come San Vitale e Agricola nel complesso di Santo Stefano a Bologna? Perché? Forse perché lì è più probabile che si gusti qualcosa di ineffabile che fa intenerire e fa desiderare la pace, che tra quelle mura umide si percepisce presente? Perché tante domande su un tema apparentemente semplice e concreto come la costruzione di una chiesa?

Forse perché c’è una sola possibile risposta: perché il mondo che viviamo è diventato totalmente incapace di qualsiasi reale comunicazione con il divino, di ogni reale trasformazione e trasfigurazione. Perché forse la stessa liturgia ha bisogno di riscoprire il suo vero significato, anzi, il suo vero potere, potere di trasformazione dell’umano in divino, dice Alexander Schmemann. Ma se la liturgia non ha niente da dire in questo campo, allora è tale e quale al mondo in cui viviamo immersi, anzi diventa il miglior alleato del secolarismo, cioè semplicemente un rito della religione e non della fede, un modo come un altro per sentirsi a posto, dalla parte dei giusti. E dunque esattamente quella ideologia che ha denunciato Gesù e lo ha ucciso appendendolo a una croce, perché disturbava.

Come disturba, ieri e oggi, chiunque dica che è il mondo, qui e ora, ad essere simbolo di Dio, epifania della sua santità, del suo potere e della sua gloria. Che noi tutti siamo chiamati a vedere Dio in ogni cosa nel mondo, a rendere grazie anche quando non la capiamo, perché sempre ha qualcosa da dirci, che può metterci in discussione e aiutarci a cambiare. Chiamati, tutti, a trasmettere agli altri la nostra visione, a fare della nostra vita la missione del ritorno del mondo inzuppato di morte tra le braccia di Chi è la vita: celebrando la liturgia quotidiana della trasformazione dell’umanità di individui in una famiglia umana di figli e fratelli.
L’unica liturgia capace di edificare delle belle chiese.

Flaminia Morandi
NP novembre 2020

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