Leoni dopo Venezia

Pubblicato il 13-01-2022

di Davide Bracco

Dopo la buona edizione della scorsa Mostra del Cinema di Venezia iniziano ad uscire nelle sale i primi film che si sommeranno ai tanti non più freschi e ancora al palo dopo lo stop dovuto alla pandemia (molto attesi il nuovo 007 e il Diabolik con Luca Marinelli e Valerio Mastandrea).

Freaks Out è l'ultimo film di Gabriele Mainetti balzato agli onori dopo il pluripremiato Lo chiamavano Jeeg Robot. Anche qui si tratta di supereroi ma in una dimensione molto diversa. Se prima Mainetti creava una storia contemporanea con un protagonista problematico in una periferia romana disagiata, in questo ultimo lavoro la dimensione narrativa ci porta al passato di una Roma in piena II guerra dove quattro artisti circensi con super poteri (non vi tolgo la curiosità di descriverli) cercano di sfruttarli per uscire da una situazione sempre più drammatica. Un uso del genere in chiave diversa da quella usata da Hollywood per i loro supereroi al lavoro in un mondo proprio, quasi avulso dal nostro che li circonda. Qui la Roma è quella reale degli anni 40, unico carattere comune è la voglia del regista di stupire nella realizzazione spettacolare della storia, ricca di effetti speciali e carica di uno sforzo produttivo non usuale per la nostra cinematografia che di solito punta sul lavoro degli attori per primeggiare. Come nel caso di Ariaferma di Leonardo Di Costanzo interpretato da Toni Servillo e Silvio Orlando. Come in Mainetti il film ripropone temi cari al regista: ne “L'intervallo” si raccontava il rapporto tra un ragazzo e una ragazza chiusi in uno spazio quasi carcerario mentre questa volta Di Costanzo entra davvero in un carcere dove si fronteggiano la guardia Servillo e il carcerato Orlando. Inevitabile che lo spazio ristretto acuisca in partenza le differenze tra i personaggi e i reciproci microcosmi ma con il tempo le differenze sfumano così come emergono le psicologie individuali in quel lavoro di esplorazione delle dinamiche relazionali e interpersonali che tanto interessa il regista.

Altro rapporto a due ma con una dimensione meno personale ma allargata ad una riflessione sugli ultimi decenni della Spagna quella portata avanti da Pedro Almodovar in Madres Paralelas. Janis (Penelope Cruz in una interpretazione che le ha portato il Premio di miglior attrice a Venezia) e Ana diventano madri lo stesso giorno. Janis è una fotografa affermata, Ana un'adolescente anonima. La nascita di due bambine crea un legame forte che evolve in maniera simmetrica. Janis ha deciso di crescere da sola la figlia che l'amante, un antropologo forense, non 'riconosce' come sua, Ana, 'abbandonata' dai genitori sempre altrove, fa altrettanto. Ma il destino è dietro l'angolo e finirà per incontrarle di nuovo dentro una Spagna che fa i conti col passato di dittatura franchista e le sue istanze di riconciliazione. Almodovar è ormai un maestro del melodramma e riesce a portare il genere, come hanno fatto Douglas Sirk e Rainer Werner Fassbinder, ad un livello tale che si eleva da una storia sentimentale ad una presa di coscienza sui sentimenti che agitano una città, una nazione, tanti individui.

Infine un dettaglio: 4 film a Venezia (tra i quali quello di Paolo Sorrentino) sono stati prodotti da Netflix e, dopo un breve passaggio in sala, si potranno vedere stabilmente sulla piattaforma di streaming. Una tendenza ormai evidente e stabilizzata che, volenti o nolenti, non si può più negare o non segnalare in maniera strabica. Nelle ultime settimane ad esempio su AppleTv si segnalano due pregevoli doc a tema musicale: McCartney 3.2.1 una lunga intervista a Paul che analizza in profondità la sua carriera e le sue canzoni e quelle con gli altri tre ragazzi di Liverpool e Velvet Underground, la storia del gruppo omonimo e della scena musicale di New York negli anni '60 e '70. 

Davide Bracco

NP Ottobre 2021

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