Le parabole di Marrakesh

Pubblicato il 31-08-2009

di Michelangelo Dotta

Le antenne paraboliche che si innalzano come tanti pennacchi di fumo dai tetti a terrazzo di Marrakesh testimoniano la medesima storia che si consuma ormai ad ogni latitudine del globo

di Michelangelo Dotta

Le antenne paraboliche che si innalzano come tanti pennacchi di fumo dai tetti a terrazzo di Marrakesh testimoniano la medesima storia che si consuma ormai ad ogni latitudine del globo: il mondo non funziona più senza la televisione.
Quello schermo di vetro grigiastro e arrotondato, che poco più di 50 anni fa troneggiava racchiuso nel suo mobilone di legno lucido nei soggiorni delle case dei ricchi e nelle sale di alcuni bar di paese, ha segnato la storia del mondo con la stessa capacità di penetrazione di una nuova religione, con tanto di sacerdoti officianti ed un numero sempre crescente di fedeli al seguito. In cinque lustri la tecnologia gli ha pesantemente modificato la forma e il look fino a trasformarlo in un quadro sottile e alquanto anonimo da appendere semplicemente alla parete di casa, ma l’apparecchio televisivo, come si usava definirlo quasi a sottolinearne voluttuosamente la complessità, ha continuato e continua tuttora a sedurre una smisurata platea di utenti senza più confine alcuno, né di terra, né di razza, né di lingua. piazza Jemaa el Fna
Solo nella grande piazza Jemaa el Fna che pullula giorno e notte di ogni tipo di attività e commercio, le grandi parabole immacolate che brillano sotto il sole tutte orientate nella medesima direzione, quasi un campo sterminato di girasoli tecnologici, lasciano spazio agli sguardi degli uomini e delle donne velate, al loro quotidiano e instancabile affaccendarsi nelle cose della vita, alla tangibile certezza che non solo di immagini virtuali è fatto il mondo.

Affascinato, coinvolto e quasi travolto dai suoni, dagli odori, dalla musica e dalla densità umana che ti scorre accanto e ti comprende, alzi per un attimo lo sguardo verso il cielo azzurro, abbagliante e vuoto, per gustarti in solitudine la metafora dell’esistenza, tanta agitazione ed affanno in terra che si stemperano all’istante nella solenne quiete che regna incontrastata qualche metro appena sopra le nostre teste; fai un profondo respiro ad occhi chiusi per rimetterti in contatto con la piazza e, quando li riapri per posare lo sguardo sulla vita che scorre, ecco che incroci il grande fratello che ti osserva dall’alto.

veduta di marrakesh Un dirigibile, anch’esso bianco e immacolato, sta roteando sulla piazza del mercato: sotto la sua pancia, una telecamera in Alta Definizione, si muove telecomandata con un complicato sistema di giroscopi, antenne e trasmittenti di segnale video. Passa e ripassa ad altezze ed angolazioni diverse e riprende ogni cosa, rubando in silenzio identità ed anime sconosciute.
Tutto diventerà spettacolo di gusto palesemente esotico e finirà in quel grande shaker di immagini che è poi la televisione di oggi; gli incantatori di serpenti si mescoleranno ai friggitori di polpette, i cavadenti ai capannelli di donne tuareg che ornano le mani delle turiste con i ricami fatti con l’henné e le carrozze trainate da pariglie di cavalli con i banchi di spezie colorate a forma di cono.

E mancherà il cielo, quello spazio azzurro e muto che sostiene il dirigibile; ma poco importa, nella nostra quotidiana abitudine televisiva non c’è spazio alcuno per la meditazione e il silenzio, potrebbero suggerirci di pensare.

di Michelangelo Dotta
da Nuovo Progetto Giugno – Luglio 2009

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