Paradossi contemporanei

Pubblicato il 20-12-2023

di Michelangelo Dotta

La coreografia celeste dei razzi palestinesi intercettati dal sistema antimissile israeliano che esplodono nel cielo notturno, è l’immagine iconica di questo ennesimo conflitto che attanaglia il nostro piccolo mondo globalizzato anche dalle guerre. Più siamo vicini e interconnessi e più ci sentiamo stretti e minacciati dal prossimo, dalla sua religione, dalle sue abitudini, dalle sue tradizioni, dalla sua lingua e financo dalle sue legittime aspirazioni alla libertà. I piccoli razzi Al Qassam, homemade da Hamas e il sistema Iron Dome prodotto dagli israeliani, colorano la notte sopra Tel Aviv in un susseguirsi di lunghe scie ed esplosioni in volo che bucano gli schermi televisivi di tutto il mondo, quasi una perifrasi tradotta per immagini dell’eterno conflitto tra Davide e Golia.

Ma se ci soffermiamo un attimo su questi tragici squarci di realtà possiamo cogliere il peso e la portata di questa macabra rappresentazione; alla fine in un’immagine è compreso tutto e il contrario di tutto, la realtà di un’inquadratura documentale è inequivocabile così come il disperdersi sconosciuto di un contorno dell’esistente che lo scatto ha escluso, celato ai nostri sensi, precluso a qualsiasi tipo di interpretazione o lettura. Eppure dobbiamo sapere che esiste, o almeno sospettare che in quel preciso attimo sia esistito qualcos’altro … un gesto, un silenzio, un’esplosione, un urlo in grado di penetrare e modificare quel momento fissato nell’immagine che noi percepiamo. È il territorio della pura immaginazione, della personale interpretazione, spesso della semplice fiducia che ci costringe a ridisegnare nella mente contorni che al primo impatto visivo ci rifiutiamo di accettare. Il magico potere della TV estetizza le immagini, ammanta i frammenti di realtà di un fascino nascosto e paradossalmente ci allontana dalla tragica portata degli accadimenti. Ciò che vediamo è una parte rappresentativa ma minimale di ciò che è, l’inquadratura cristallizza un attimo e ce lo dona sotto forma di sintesi di un tutto che ci è precluso e in questo binomio si gioca una grande partita: quella della presa di coscienza dei fatti e l’ordine di grandezza e importanza dei medesimi. Esiste poi un altro fattore determinante di condizionamento televisivo: la scaletta delle notizie in sequenza.

Al TG1 delle 13.30 dell’ottobre scorso, 4° giorno di guerra tra Israele e Hamas, l’apertura è dedicata a un ampio servizio su Giorgia Meloni che si reca, fuori programma, a visitare la sinagoga di Roma, omaggia il rabbino capo Di Segni e pronuncia a favore di telecamere l’ennesima condanna degli attacchi di Hamas, primissimi piani della premier che rassicura gli italiani sull’allerta terrorismo e le mosse del governo, poi sale sull’auto blu circondata dalle guardie del corpo e si allontana. Solo dopo due minuti parte il primo servizio su Israele con i consueti collegamenti con i corrispondenti e le sequenze dei combattimenti.

È l’ennesimo modo semplice quanto efficace di fare propaganda politica e promuovere il culto della persona declassando di fatto la tragedia e la ferocia di una guerra a favore dell’immagine rassicurante del presidente del Consiglio … e tutti gli italiani figli di “mamma” pronti come sempre ad applaudire.


Michelangelo Dotta
NP novembre 2023

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