La salvezza della carne

Pubblicato il 30-01-2013

di Flaminia Morandi

di Flaminia Morandi - l’assunzione nell’eterno di ciò che è temporale è il trionfo definitivo sulla morte.

Facciamo strano era una celebre battuta di un film di Verdone, quasi innocente nell’epoca del facciamolo estremo. Facciamolo: il sesso, s’intende. Estremo, un aggettivo rubato allo sport: la dice lunga su come oggi è concepito il sesso, un esercizio, una tecnica in cui bisogna osare sempre di più, per provare di più. Almeno questa è l’illusione: e invece i sensi saturi e nauseati vivono una vecchiaia e un’impotenza precoci. Identificato con la sua sola carne, l’uomo è come prosciugato nelle sue energie vitali. E l’esito scontato del sesso estremo è sempre una ferita indelebile nell’anima e alle volte purtroppo anche la morte del corpo. Questo accade quando si pretende di usare con superficialità l’energia della vita. Ma è prevedibile. C’è una relazione stretta tra sessualità e morte, che l’uomo ha sempre intuito. Il filosofo greco Eraclito diceva che Dionisio e Ade sono la stessa cosa. Dionisio, il dio vigoroso della vita carnale, è nello stesso tempo Ade, il pallido signore del buio e silenzioso regno dei trapassati. Il dio della vita e il dio della morte sono lo stesso identico dio. A metà ottocento, nel periodo più ipocrita della storia nei confronti del sesso, il filosofo russo Vladimir Solov’ev scriveva che l’eros, la pienezza vitale che ribolle in un essere, non gli appartiene, è una corrente estranea che può portarlo alla morte. Ma l’origine di questa forza è nello spirito; essa diventa energia sessuale solo quando penetra nella sfera fisiologica. Perciò va guardata come qualcosa di sacro, di arcano, che viene da altrove. Abbandonarsi ad essa significa morire; ma impegnarsi in un processo di transustanziazione significa trasformarla in energia creatrice, in vera vita, capace di unificare la persona spazzando via le nevrosi, e restaurare l’unità con Dio. Il problema è: in un tempo in cui il sesso è banalizzato e volgarizzato, come si fa a vederlo come un’energia sacra? E poi, come celebrare in sé stessi e nella propria vita la transustanziazione del sesso?

Occorre re-imparare a vedere le realtà visibili come simboli dell’invisibile. Tutto è simbolo, diceva Origene. Le cose materiali sono segno del mistero spirituale: anche se le creature sono ombre, da esse comincia la conoscenza spirituale. L’eros fisico, diceva Giovanni Climaco, è il simbolo dell’amore di Dio, e di come Dio vuole essere amato da noi.
Un esempio di transustanziazione del sesso, secondo il mistico russo Pavel Evdokimov, è la storia di Tobia. Guidato dall’arcangelo Raffaele, Tobia incontra Sara, una giovane che ha avuto sette fidanzati, tutti morti la prima notte di nozze. Ad ucciderli è stato il demone della concupiscenza, con la forza distruttiva dell’energia sessuale quando è staccata dall’origine divina. Tobia si innamora di Sara, la vuole a tutti i costi. La notte delle nozze l’arcangelo Raffaele gli suggerisce cosa fare per proteggersi dal terribile demone: non dimenticarsi di Dio, essere con lui anche nell’amore carnale. Lo consiglia di incensare il letto nuziale come simbolo di purificazione e di offerta. Di pregare con Sara prima di coricarsi insieme. Ed essi pregano: Signore, se io prendo questa mia sorella non è per il piacere dei sensi, ma in rettitudine d’intenzione, cioè nella pienezza satura di Spirito, là dove l’energia sessuale resta ciò che è, energia spirituale.

L’incantesimo diabolico è spezzato, la concupiscenza distrutta alla radice dalla medicina proposta da Raffaele (il cui nome significa medicina di Dio): la castità reciproca di Sara e Tobia, presente in ogni autentico amore acceso dal fuoco del Roveto Ardente. Ma l’amore tra un uomo e una donna non è l’unica via di transustanziazione del sesso. Il mistico rumeno contemporaneo padre Dumitru Staniloae si trovava un giorno in una stazione in compagnia di un altro teologo, e parlavano della preghiera del cuore. Davanti a loro c’era una coppia che si baciava. “Anche noi come loro portiamo a compimento il mistero dell’amore”, sorrise padre Staniloae. Voleva dire che i tre voti monastici, come la promessa degli sposi, permettono al monaco di trasformare l’energia sessuale in amore di Dio. L’obbedienza crocifigge l’idolatria di sé, la schiavitù più tremenda, e fa conoscere la vera libertà, la povertà libera dall’ossessione del produrre e del consumare, e prepara un’economia fondata sul miracolo del pane: l’eucarestia. La castità, la stessa nel monaco o nello sposato, significa unificazione, integrità, integralità di tutto l’essere.

Abbandonarsi all’eros significa disintegrarsi. Ma sopprimerlo è altrettanto grave: significa entrare in una spiritualità falsa, negatrice della carne, che separa il mortale dall’immortale, il temporale dall’eterno e fa diventare aridi, moralisti e cattivi. La passione fisica ha un compito: accompagnarci alla pienezza dell’amore vero. L’autentica spiritualità è la salvezza della carne. La sua rigenerazione, la sua elevazione, la trasformazione di ciò che è mortale nell’immortale, l’assunzione nell’eterno di ciò che è temporale è il trionfo definitivo sulla morte.



MINIMA – Rubrica di Nuovo Progetto

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