La crisi, il cinema e la Tv

Pubblicato il 09-08-2012

di Davide Bracco

di Davide Bracco - Certo, in questi giorni così difficili, la visione di un bel film può aiutare a rilassarsi almeno per una sera senza pensare troppo alla stringente quotidianità. Ma purtroppo anche la produzione cinetelevisiva è a rischio e il grido di allarme è serpeggiato un po’ ovunque tra gli stand dell’ultimo Festival di Cannes.

Fare un film è infatti un vero e proprio processo industriale (non soltanto creativo) capace di coinvolgere comparti e professionalità svariate: dagli autisti agli attori, dagli elettricisti alle truccatrici, dai ristoratori ai costumisti per citarne solo alcuni. In una regione come il Lazio (sede delle principali società di produzione) il sistema cinema è uno dei maggiori volani di sviluppo economico ben superiore all’industria tout court.

Tuttavia sarebbe scorretto e anacronistico il pensare che la crisi generale non abbia ripercussioni anche su questo versante produttivo. Soprattutto in un Paese come l’Italia che ha come principali investitori nel cinema i canali televisivi e il Ministero della Cultura. La riduzione dei fondi statali alla cultura è una vergogna patria che risale a ben prima della crisi, quando non si comprendeva quanto il nostro patrimonio artistico fosse da tutelare anche in relazione al recupero del turismo straniero che da anni snobba il nostro Paese conosciuto anche grazie al lavoro di registi come De Sica e Fellini.

Oggi i fondi statali bastano solo in parte a finanziare i primi film di giovani registi che tuttavia ben difficilmente arriveranno al secondo, terzo film per carenza di finanziamento. Infatti le televisioni hanno visto negli ultimi anni una riduzione dei budget soprattutto per il calo degli investimenti pubblicitari da parte delle imprese. Da qui le decisioni di fermare alcuni film in produzione e di limitare le quote di investimento costringendo i registi a girare i film o fiction in Paesi esteri (in primis Est Europa) dove la manodopera ha costi inferiori.
Lo spettro della delocalizzazione accomuna le imprese occidentali e mette a repentaglio numerosi posti di lavoro e a questo il sistema audiovisivo non è certo immune.
Speriamo che questo brutto film che tutti stiamo vivendo abbia presto un happy end.

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