La casa di Camila

Pubblicato il 08-07-2023

di Gianfranco Cattai

«Ragazza cieca sfrattata a Bologna perché la padrona di casa non vuole il cane guida». Ho letto i contributi, gli insulti e le ingiurie dei praticanti del digitale. A me la storia di Camilla, supponendo che sia vera, come la vicenda di una famiglia con bambini a Torino che si vede rifiutare l’affitto di un alloggio perché «non vogliamo bambini a casa», fa venire un solo desiderio: quello di incontrare i proprietari per riflettere con loro sul perché, sul senso di queste posizioni.

È vero che loro hanno la proprietà di quei muri a cui magari sono legati affettivamente e quindi non vogliono che vengano rovinati; è magari anche vero che i vicini sono contrari e fanno pressione in tal senso. È d’altronde vero che non ci sono leggi e norme che tutelano quegli inquilini, ma forse bisognerebbe riflettere da cittadini sul senso di responsabilità e di dignità umana nei confronti delle scelte da fare per il bene comune.

Questi casi che assumono all’onore della cronaca non sono unici o isolati. A livello nazionale si registra il record di case vuote. È il risultato di un combinato disposto di varie cause: crisi economica, paura dei proprietari di affittare. Soprattutto nel piccolo proprietario è cresciuta la diffidenza per il timore di dover affrontare le complessità burocratiche, gestionali e relazionali connesse alla locazione. Da dove ripartire per dare fiducia ai proprietari e alla comunità? Dalle relazioni certamente. E dalle narrazioni. È vero che fa più rumore un albero che cade rispetto a una foresta che cresce, ma non mi pare di osare troppo nel chiedere a chi di professione campa vendendo paura di inaugurare una fase in cui si esaltano anche le soluzioni che i cittadini praticano per darsi risposte positive ai bisogni.

Questo non ci esime dall’impegnarci nelle relazioni con le persone, e in questo caso con i proprietari, sul senso civico delle scelte da adottare, avendo quindi consapevolezza che in questo modo libero e personale si può contribuire al rafforzamento dei legami di comunità. E magari assicurando al proprietario che non lo lasciamo solo, ma in qualche modo possiamo aiutarlo con garanzie e vicinanza organizzata. Nell’attesa che le nostre comunità e i loro rappresentanti assumano regole del gioco a favore del nostro convivere con le normalità: perché è non solo normale, ma auspicabile avere dei bambini e convivere con la cecità è già di per una prova difficile che va certamente coadiuvata. Spero che queste righe, con la potenza del periodico che le ospita, possano raggiungere i due proprietari di Bologna e Torino: li incontrerei proprio volentieri.

Gianfranco Cattai

NP Aprile 2023

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