L'innamorato pazzo

Pubblicato il 23-08-2020

di Flaminia Morandi

È innamorato pazzo! Davanti a un innamorato, il paragone che viene subito in mente è la follia, un sentimento che rompe gli argini dell’ordinarietà. Così è l’amore che Dio ha per gli uomini, dice Nicola Cabasilas. Dio ama al punto da svuotarsi di se stesso: non resta dov’è, scende a cercare l’uomo; da ricco si fa povero; dichiara apertamente il suo amore; respinto, non se ne va; insultato, non risponde; scacciato, resta dietro la porta; martoriato tace, sopporta e muore. Per darci prova del suo amore senza limiti, Dio diventa capace di soffrire l’indicibile, si copre di ferite e ne va fiero: da risorto, il suo corpo spirituale senza più gravità e spessore resta segnato dalle piaghe ricevute per amore della debolezza umana.

La vita in Cristo, per Cabasilas, è per chi s’accorge di questo amore, vuole rispondergli, vivere la propria umanità come l’ha vissuta lui, con la sua stessa volontà. La cosa straordinaria è che chi scrive così non è né un monaco né un sacerdote. È un laico del Medioevo che aveva studiato astronomia, diritto, filosofia e teologia a Costantinopoli. Lì era stato coinvolto nella lotta politica per la conquista del trono imperiale tra Giovanni V Paleologo e Giovanni VI Cantacuzeno. Cabasilas si era schierato con quest’ultimo, grande sostenitore dell’esicasmo, cioè della via ascetica centrata sulla preghiera del cuore. Quando Cantacuzeno aveva perso, Cabasilas aveva scelto una vita di silenzio e preghiera presso un monastero. Non da monaco: restando volutamente laico per mostrare con questa scelta che la grazia è per tutti, donne e uomini capaci di accoglierla per vivere un’esistenza del tutto nuova.

Il mezzo concreto c’è: i sacramenti. I riti cristiani non sono gesti esteriori, ma una vera e propria esperienza mistica: attraverso l’acqua, l’olio, il pane, il vino Dio ci tocca interiormente provocando una progressiva trasformazione di tutto il nostro essere. Se siamo lenti a cambiare, è perché non siamo consapevoli di questa esperienza straordinaria che non ci viene trasmessa da persone che la vivono in profondità, nella loro stessa carne. «Effettivamente riceviamo il battesimo per morire della morte di Cristo e risorgere della sua risurrezione; l’unzione del crisma per divenire partecipi dell’unione regale della sua divinità, effettivamente mangiando il pane santissimo e bevendo al divinissimo calice, comunichiamo alla stessa carne e allo stesso sangue che il Salvatore ha assunto».

Con i sacramenti entriamo nella stessa esperienza spirituale di Cristo: effettivamente riceviamo una percezione immediata di Dio, effettivamente il suo raggio tocca invisibilmente la nostra anima. Non c’è niente di giuridico nel cristianesimo: non c’è una legge che il Legislatore incide sulla pietra, c’è l’Innamorato Pazzo che incide se stesso in un cuore disponibile. Con lui, vita qui e vita eterna diventano la stessa cosa.

Flaminia Morandi
NP giugno / luglio 2019

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