L'energia amica c'è. L'intelligenza per usarla, manca

Pubblicato il 26-12-2022

di Carlo Degiacomi

Una nuova mentalità individuale e sociale, la fiducia nella scienza e una risposta unitaria dell’Europa come risposte alla crisi energetica

C’è un legame stretto tra la crisi energetica (non solo riconducibile all’invasione russa dell’U-craina) e dei cambiamenti climatici. Come se ce ne fosse ancora bisogno, il 2022 evidenzia come i cambiamenti climatici sono qui ed ora, anche nel nostro “cortile” dell’Italia e del Mediterraneo: siccità, scioglimento dei ghiacciai, temperature dei mari e delle montagne, ondate di calore in città, eventi atmosferici estremi, alluvioni… Oltre 130 eventi estremi con forti conseguenze in Italia su almeno 800 comuni, con i danni peggiori nelle zone dove non c’è stata cura della terra. Il recente caso delle Marche ne è un triste esempio. Bisognerebbe che dalle cause si passasse urgentemente alle pratiche di soluzione, strettamente collegate alla crisi energetica. Gli appuntamenti periodici mondiali, le relazioni dell’IPCC*, gli orientamenti dell’ONU, le scelte urgenti richiesta ai vari Stati dall’Unione Europea con scadenze fissate, le proposte sensate di associazioni ecologiste indicano che le strade sono tracciate, ma ancora poco percorse da molti governi, spesso con la scusa delle nuove emergenze. Ma le possono attuare chi non crede ai cambiamenti climatici e vorrebbe abbandonare gli obiettivi già fissati di contrasto?

* Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico

Che cosa manca, specie in Italia? Ad esempio, che la strategia non sia con il “freno tirato” o addirittura contro le scelte europee, come nel caso dell’energia, imposte anche dall’invasione russa dell’Ucraina e dalla sua strategia di ricatti. A diversità di molti altri Paesi europei siamo ancora fermi ad una bozza del 2018, di un piano nazionale strategico sul contrasto al clima. La lettera estiva della comunità scientifica firmata da 200mila italiani (tanti ma anche pochi!) consiglia di affrontare il tema con concretezza, immediatamente, mettendo insieme competenza, realismo, determinazione e intanto sfruttare a pieno le tecnologie attuali. Ma lo può fare chi è chiaramente contro le innovazioni e le scelte basate su tecnologie relativamente nuove, ma ormai praticabili ovunque? Chi cerca solo in ogni modo di prolungare l’uso delle fonti fossili? Chi rilancia in alternativa obiettivi come il nucleare di nuova generazione che sarà forse disponibile tra decenni? Per intenderci: il nuovo nucleare in Francia (EAR) ha avuto bisogno di 27 anni dall’inizio progettazione.

Certo bisogna approntare senza indecisione, come si sta cercando di fare, gli aiuti essenziali ai consumi a famiglie e attività economiche, ma tali interventi devono essere ben calibrati e selezionati senza clientele, coperti con gli extra profitti realizzati dalle aziende dell’energia nei vari settori, che invece si oppongono.

Prima strada. Non bastano i soli rimborsi, insieme bisogna sfruttare al massimo le energie rinnovabili (fotovoltaico e eolico e altro, arrivati ormai a prezzi bassi e competitivi), risolvendo e ampliando le tecniche di accumulo. Ci sono ampi spazi di investimenti, meno lacci, tanto lavoro in più. Tante troppe imprese non hanno mai affrontato il loro problema energetico: devono essere incentivate e costrette ad occuparsene. Solo così si può dare un senso a misure anche contraddittorie di breve periodo per gestire l’emergenza. Se si è decisi, con le tecnologie disponibili, si può fare tanto per evitare emissioni di CO2 e ottenere energie, senza fare passi indietro rispetto ai bisogni. L’Italia che ha ridotto dal 40 al 20% (e cerca di arrivare al 10%) il fabbisogno annuale dalla dipendenza russa, ha bisogno anche dei rigassificatori (senza che scattino opposizioni illogiche), per ricevere gas liquido via mare da altri fornitori, ma come soluzioni transitorie. Ma lo può fare chi li considera strutturali? E chi pensa di ritrovare accordi con Putin funzionali a far saltare l’obiettivo strategico e irreversibile europeo di essere autonomi energicamente in fretta?

Seconda strada. Seguire la scienza che, con le sue ricerche di medio e lungo periodo, sta portando altre importanti innovazioni. La ricerca applicata sforna continuamente nuove scoperte e tecnologie migliorative. Il mercato sta viaggiando in questo senso, anche in componenti come le batterie al litio. Vi sono decine di sperimentazioni di cui è bene informarsi: nuove e buone pratiche che riguardano l’utilizzo di accumulatori – batterie con nuovi materiali, più potenti e applicabili a mezzi come auto, barche, treni; spinte per l’utilizzo dell’idrogeno reali e concrete; impianti di biogas; cattura della CO2 in situazioni dove è conveniente. Le realtà citate sono tutte azioni concrete, dove i costi si stanno abbassando; dove si possono sviluppare nuove strutture, tecnologie e nuovo lavoro, mentre si cercano di attenuare le perdite di lavoro legate alle fonti fossili, con vari strumenti disponibili. Ma lo può fare chi guarda solo a conservare e frenare il passato, come se fosse possibile?

Terza strada. L’impegno partecipato e civico di ognuno. Sui temi economici, sociali, ambientali com-plessi dovrebbe essere chiaro (anche dopo il Covid) che per gestire situazioni di crisi, accanto alle scelte dei governi e di tanti soggetti decisori, è richiesta la responsabilità individuale. Il programma di risparmio energetico (che chiede ai cittadini buonsenso e non impone razionamenti!) sarà credibile, equo e rispettato? Le proposte sensate (che incidono più sullo spreco, che sui sacrifici) saranno divulgate e oggetto di informazione seria? Chi controllerà? Chi risponderà con coscienza, perché per risolvere problemi del proprio Paese ognuno deve fare la sua parte, non solo pretendere? Si ripeterà la stessa sceneggiata del menefreghismo no vax? Ci vuole un cambiamento anche culturale, non solo la richiesta che lo Stato pensi a sgravare tutti i costi, in una cornice che tiene conto delle differenze sociali e della giustizia economica. Ma lo può fare chi avanza solo demagogiche opposizioni da parte di chi pensa, che tutto si sistemerà da solo?

Quarta strada. Influire sugli aspetti politici mondiali e di geolocalizzazione. Tutte e tre le strade sopra devono essere temi non solo nazionali ma anche europei. I temi ambientali e energetici hanno bisogno della capacità dell’Europa di operare uniti e concordi, con equità tra i vari Paesi, con aggiustamenti collettivi, di essere al centro del confronto internazionale senza ricatti (come invece operano la Cina e la Russia). Abbiamo visto le difficoltà a decidere in Europa, che pure ci sta provando, anche se in ritardo: si sono persi diversi mesi. Le scelte sono tante: accordi di acquisti comuni tra Paesi europei e inserimento di un tetto al prezzo del gas di tutti (non solo russo visto la riduzione della fornitura).

Dato che la borsa del gas di Amsterdam (TTF) è un luogo speculativo senza trasparenza ben prima della guerra ucraina, si può collegare il prezzo del gas a quello liquido degli Usa (1/3 e 1/4 di quello TTF); bisogna separare i prezzi del gas dai prezzi dell’energia elettrica delle rinnovabili, cambiando il meccanismo attuale. Serve “più Europa”, che equilibri il mercato, per non avere danni in Italia e in Paesi oggi ancora troppo dipendenti da fonti fossili. Ma lo può fare chi vuole “meno Europa”?

Carlo Degiacomi

NP Ottobre 2022

 

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