Nella vecchia fattoria I.A. I.A. ohh
Pubblicato il 22-05-2024
Al di là delle proteste dei “trattori”, ci sono problemi seri dell’agricoltura, che riguardano il lavoro e la sua remunerazione, la salute dei cittadini, la sostenibilità ambientale e il futuro dei campi e del cibo.
Problema n. 1. La PAC, Politica agricola comunitaria, rappresenta oltre un terzo delle spese della UE.
C’è però un difetto: i fondi vengono distribuiti per estensione. Chi ha più terre riceve più soldi: il 10% degli agricoltori più ricchi riceve il 50% dei fondi europei, il 10% dei più poveri (i più piccoli) ne ottiene appena il 6%. Forse converrebbe premiare il lavoro rispetto alla proprietà, aiutando soprattutto i piccoli imprenditori.
Problema n. 2. Icontributi devono essere indirizzati per creare innovazione nel settore. Non si tratta di richieste da estremismo ambientalista, ma di alcune condizioni di buon senso che permetterebbero di usare i finanziamenti per generare un bene diffuso. Proviamo a fare un elenco: uso calmierato dei pesticidi, rotazione delle coltivazioni, “riposo” del terreno per non impoverirlo, riduzione degli inquinamenti prodotti dagli allevamenti e dall’eccesso di prodotti fertilizzanti. E poi fondi per lasciare gli habitat che favoriscono insetti competitivi dei parassiti, per sviluppare tecniche più sostenibili su acqua, suolo, conservazione dei prodotti. Un’importante innovazione deve anche riguardare gli agrofarmaci, tanto cari all’agricoltura tradizionale (ma non all’UE che vuole eliminarli!), che vengono usati contro i parassiti vegetali e animali. In realtà, se sono usati in eccesso e senza conoscerne gli effetti collaterali, possono causare gravi perdite di produzione e intaccare la sicurezza alimentare. Su questo ambito è possibile registrare qualche buona notizia: c’è stata una diminuzione del loro uso, dovuto anche allo sviluppo delle tecniche biologiche e alla diffusione – anche in certa agricoltura tradizionale (quella non troppo intensiva) – di pratiche condivise con l’agricoltura biologica. Dal 2019 al 2021 le vendite di fitofarmaci sono diminuite in Italia del 17% (da 140mila t a 115mila t). Italia e Germania ne consumano 1/3 in meno della Francia e della Spagna. Ma, non ci sono però solo aspetti positivi… Negli allevamenti il discorso è purtroppo diverso: la carne bovina trattata con ormoni e l’abuso di antibiotici che sta portando a una temibile resistenza a questo genere di medicinali che può avere ricadute anche sugli esseri umani. E poi c’è il lavoro nero… il lavoro irregolare in agricoltura è in costante crescita negli ultimi 10 anni: rappresenta il 24,4% del totale. Circa 230mila i lavoratori impiegati irregolarmente di cui 55mila donne, quasi tutti migranti con due sistemi: il caporalato e il “grigio” (occupati regolari di cui si denuncia una parte minima del lavoro effettivamente svolto).
Problema n. 3. Come trovare soluzioni alla concorrenza globale? L’ortofrutta importa meno del 10% dagli altri Paesi. Il 60/65% del grano tenero arriva dall’estero. Il problema del grano venduto sottocosto in Italia non è per la guerra in Ucraina: il tema è il grano russo e turco. Un’immissione in Italia con aumenti di quantità del 1.164% in un anno (per quello russo), del 798% (per quello turco). È una strategia precisa, usata da Mosca per saltare sanzioni ed embarghi. Basterebbero più controlli alla dogana. Si devono poter bloccare i prodotti dall’estero se non rispettano gli standard europei, come i pesticidi fuori legge in UE. Ma per far questo non bisogna abbassare gli standard e la qualità nei campi: il blocco alle frontiere da solo non basta. Importiamo da 140 Paesi: siamo autosufficienti per alcuni prodotti e non per altri. La non dipendenza dall’estero deve portarci a produrre meglio, a basso impatto energetico e di consumo d’acqua.
Problema n. 4. Icosti dei prodotti e la giusta remunerazione. La UE sta mettendo fuori legge le pratica dei bandi praticati al massimo ribasso dalla grande distribuzione. Per essere forti con le catene di grossisti si possono semplificare le filiere e avere alla base forme cooperative di agricoltori per avere più forza contrattuale. Certo l’inflazione è una tassa iniqua per tutti i cittadini: negli ultimi due anni ha alzato i costi e abbassato i guadagni. Possono servire politiche generali e specifiche che permettano prezzi più giusti all’origine, vietino speculazioni ricorrenti in un quadro europeo e non solo nazionale. Non ci sono ricette magiche. Servono sia scelte di governo che un’opinione pubblica orientata. La UE sta fornendo indirizzi interessanti, obiettivi e date entro cui realizzarli e fondi per attuarli. Certo chiede regole, controlli, azioni ma per fornire una base più solida al settore oggi e domani. Le regioni più serie dovrebbero applicare le direttive e utilizzare bene i fondi. Come? Favorendo impianti idrici sostenibili e fotovoltaici su capannoni, incentivando attività integrative, che producano entrate e insieme vivacizzino le comunità. E poi, utilizzando innovazioni digitali come i sensori, i droni… L’agricoltura di precisione dimostra a tutti noi che coltivare la terra per produrre cibo non è un semplice ritorno al passato.
Carlo Degiacomi
NP aprile 2024