L’altra parte del quadro

Pubblicato il 07-02-2024

di Flaminia Morandi

Ci sono tanti tipi di silenzio. Uno è il silenzio di chi non ha più parole di fronte alla sofferenza che attraversa il mondo. Sono i momenti in cui il buio è così insopportabile da toglierti perfino il respiro, dice Ernesto Olivero, sensibile come una carta velina. È il silenzio di Aronne nel capitolo 10 del Levitico: davanti al fuoco che ha divorato due dei suoi figli, «Aronne tacque». È il silenzio di chi non ha più parole, pietrificato dal dolore, ma anche il silenzio di chi, pur non capendo, dichiara la sua fede accettando quello che non capisce, perché i giudizi di Dio sono tutti fedeli e giusti. Possiamo farci mille domande davanti alla sofferenza, ma la risposta non può arrivarci ora, dice un rabbi del secolo scorso, Joseph Soloveitchik. Siamo dentro un quadro di cui vediamo solo il particolare che ci ferisce, il dolore, ma non l’insieme del quadro, che solo Dio conosce. Questo silenzio annichilito, senza risposta, è in realtà una domanda che Dio ci rivolge: nel buio fidati, sarà la tua fede a darti la luce per vedere, dice Ernesto.

Vedere cosa? Proviamo allora a passare dall’altra parte del quadro, perché Gesù divinoumano, Dio misterioso e uomo come noi, ce ne dà la possibilità, e guardiamo il suo silenzio pieno di dolore. Il preludio è già nel capitolo 54 di Isaia: «Per un breve istante ti ho abbandonata… in un impeto di collera ti ho nascosto un poco il mio volto, ma con affetto perenne ho avuto pietà di te». Scusami, Sion, non lo farò mai più, dice Dio. Eppure non è Dio che ha abbandonato Sion, siamo noi che abbiamo abbandonato lui. Ma è lui che ci chiede scusa, prende su di sé le nostre colpe, ci ama di un amore eterno che vuole coprire ogni nostro peccato. O nel capitolo 11 di Osea: «Come potrei abbandonarti, Efraim?... Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione». Come faccio a infuriarmi? Non posso: perché sono Dio e non uomo, sono il Santo in mezzo a te, non posso venire a te con la mia ira.

Nei vangeli, il dolore di Dio si scioglie in lacrime. Gesù piange per la morte di Lazzaro come noi piangiamo quando ci sentiamo dimezzati dalla perdita di chi se n’è andato. Ed ecco che Dio è lì, dentro quel sentimento desolante di abbandono e piange con noi e per noi. Alla mamma di Nain Gesù dice di non piangere. Non piangere perché piango io per te e resuscito tuo figlio. Davanti a Gerusalemme Gesù piange per i giorni terribili che verranno su di lei. Non piange perché i giorni della nostra storia di male ricadranno su di lui, che è qui tra noi proprio per addossarseli. Piange di dolore perché non ce ne siamo accorti. Perché non abbiamo capito il dono che vuole farci: lui, il Dio povero e umile come l’asinello che cavalca. Piange come il bimbo di una piccola grande storia rabbinica, che gioca a nascondino con un altro ragazzo, ma quello non va a cercarlo. Il bimbo corre in lacrime dal nonno e il nonno piange con lui: «Così dice anche Dio: io mi nascondo, ma nessuno viene a cercarmi».


Flaminia Morandi
NP dicembre 2023

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