Il volto dello schiavo crocifisso

Pubblicato il 27-03-2024

di Agnese Picco

Nel 2017 è stato scoperto nel Cambridgeshire un cimitero di epoca romana nel quale, tra il III e il IV sec. d.C, erano stati sepolti 40 adulti e 5 bambini. Tutti gli individui portavano sulle ossa i segni di una vita difficile, passata tra povertà, duro lavoro e malattia. Una tomba in particolare ha attirato l’attenzione degli studiosi: uno scheletro appartenente a un maschio di circa 25-35 anni aveva un lungo chiodo di ferro conficcato nel calcagno. Si tratta di una delle pochissime evidenze archeologiche della crocifissione.

Nonostante, secondo le fonti storiche, fosse una punizione comune nel mondo romano, probabilmente i condannati venivano solitamente bloccati con corde anziché con chiodi, più costosi. Questi potevano essere rimossi prima della sepoltura, per essere riutilizzati o portati come amuleti. In più, i condannati erano spesso schiavi, che non venivano sepolti insieme al resto della comunità.

In questo caso la tomba faceva parte del cimitero del villaggio e il corpo era stato deposto all’interno di una cassa di legno, come dimostrano i 15 chiodi trovati intorno a lui. Si trattava però probabilmente di uno schiavo: le analisi osteo-archeologiche dimostrano che era stato tenuto incatenato a un muro per molto tempo. Storicamente la crocifissione fu vietata per i cittadini liberi con l’editto di Costantino, nel 337 d.C., ma rimaneva possibile per gli schiavi e per reati particolarmente gravi come il tradimento.

Tutti questi dati, insieme alle analisi sul DNA sono stati consegnati all’artista forense Joe Mullins, che crea ricostruzioni per le forze dell’ordine.
L’artista ha utilizzato una tomografia computerizzata (CT scan) dei resti e un software per creare la struttura del volto, alla quale ha poi aggiunto i muscoli, la pelle, la barba e i capelli.
Ora possiamo osservare in volto l’individuo crocifisso, restituendo umanità e dignità a questa persona morta 1600 anni fa.


Agnese Picco
NP febbraio 2024

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