Il lato oscuro di una tragedia
Pubblicato il 09-09-2023
A distanza di quattro mesi dal devastante terremoto del 6 febbraio, che ha causato distruzioni diffuse in una vasta area della Turchia meridionale e della Siria nord-occidentale, ritorniamo su questa tragedia da tempo uscita dai radar della mediatizzazione mainstream.
In Siria, la regione più colpita è stata l’enclave controllata dall’opposizione al presidente Bashar al-Assad, tra cui Idlib e parti della provincia di Aleppo dove, secondo la Rete siriana per i diritti umani (SNHR), sarebbero rimaste uccise almeno 4.191 persone.
Evidentemente, si tratta di cifre sono largamente al ribasso. Fonti autorevoli, verificate delle Nazioni Unite, parlano di almeno 6.000 persone morte nel Paese, mentre il Corpo Medico Internazionale, già ad aprile innalzava il bilancio a 7.259 vittime confermate, un dato decisamente inferiore alla strage in terra turca ma comunque rilevante. Dopo oltre un decennio di guerra, la regione controllata dall’opposizione si trovava già, ben prima del sisma, in uno stato di crisi umanitaria, con una popolazione di 4,6 milioni di abitanti, ingrossatasi a causa degli sfollati interni del conflitto e con le consegne di aiuti nell’enclave da tempo limitate a un unico valico di frontiera dalla Turchia.
Tornando al terremoto di inizio febbraio, è stato fin dall’inizio evidente che il governo siriano ha ostacolato gli sforzi di soccorso nel nord-ovest del Paese, non chiedendo l’invio di squadre internazionali di pronto intervento in quelle aree controllate dall’opposizione, di fatto usando la tragedia come un’ulteriore “arma di guerra”. Un’indagine condotta dal Syrian Investigative Reporting for Accountability Journalism (SIRAJ) ha anche sollevato accuse di negligenza nei confronti di funzionari delle Nazioni Unite che non avrebbero fatto uso di protocolli e principi che consentivano loro di inviare squadre di soccorso per motivi umanitari anche senza il consenso del governo. Infatti, le linee guida dell’United Nations Disaster Assessment and Coordination (UNDAC) sulla risposta alle "emergenze complesse" (come quelle nei Paesi in stato di guerra civile), affermano chiaramente che, pur nel dovere di rispettare pienamente la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati, bisogna fare un’eccezione in circostanze in cui «la legittimità e il territorio dello Stato sono oggetto di controversie, spesso violente».
Il Governo di Salvezza, l’amministrazione civile di Idlib, sostenuta dal gruppo militante dominante Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e il Governo provvisorio siriano di Azaz, sostenuto dalla Turchia, avrebbero richiesto fin dall’inizio l’assistenza internazionale e, funzionari ONU interpellati sui silenzi, avrebbero ammesso che gli aiuti non erano arrivati in tempo per problemi burocratici! Si può tranquillamente affermare che questo ritardo d’intervento abbia avuto conseguenze tragiche per parecchie centinaia di persone sentite gridare da sotto le macerie per diversi giorni, senza che nessuno potesse intervenire.
L’azione di ricerca e salvataggio dopo il terremoto, è stata affidata in gran parte ai volontari della Difesa civile siriana, i cosiddetti Caschi bianchi, che per anni hanno operato de facto come servizio di emergenza nelle aree controllate dall’opposizione e martoriate da attacchi aerei e bombardamenti. Volontari in molti casi dotati esclusivamente della loro disperata buona volontà, impegnati a scavare a mani nude per ore, con momenti di pausa solo per seppellire i propri cari, anch’essi vittime della tragedia. Certo, nonostante il fatto che la risposta delle Nazioni Unite nel sud della Turchia, dove l’Internationnal Search And Rescue Advisory Group (INSARAG) ha dispiegato 221 squadre di ricerca e soccorso provenienti da 82 Paesi, a sostegno degli sforzi di salvataggio dell’agenzia turca per i disastri (AFAD), sia stata molto più consistente, a tutt’oggi si lamenta un lavoro non terminato (anche in termini di recupero salme) e in diversi casi largamente insufficiente, nella mancanza più totale di una certificazione definitiva del numero di vittime.
Claudio Monge
NP giugno / luglio 2023