I bambini della Georgia raccontano

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


 Ho 12 anni.
Vi racconterò le pene della mia vita, prima che capitassi in Caritas.
Tutto è cominciato dopo la morte di mio padre. È morto in seguito ad un infortunio. È stata una grande disgrazia per la mia famiglia. Mia madre è rimasta sola con tre figli. Non potendo lavorare la terra ci ha portati in città. L'appartamento che affittiamo è piccolissimo. C'è posto solo per un letto. Dormivamo sul pavimento.
Mio fratello, cresciuto, ha cambiato carattere. Ci picchiava tutti.
Non risparmiava neanche la mamma ma lei aveva vergogna e non diceva niente. Mia madre ha cominciato a lavorare in un mercato. La mattina, ancora con il buio, andava al lavoro e di sera non riusciva a stare in piedi per la stanchezza. Si buttava sul pavimento e dormiva pietosamente rannicchiata. Spesso la incontravo picchiata e insanguinata da mio fratello. A vedermi la mamma piangeva. Ha deciso di portarmi con sé al mercato, a quel tempo non andavo ancora a scuola. Stavo al banco sotto la pioggia o con la neve o al vento, ma la mamma era tranquilla perché sapeva che mi stava difendendo da mio fratello. Mi copriva e mi riscaldava nel suo grembo. Poi anch'io ho cominciato ad aiutare la mamma. Trasportavo le verdure. Aiutavo anche gli altri e loro mi davano dei soldi. Tutto il mercato mi conosceva. Correvo dove mi chiamavano, per portare un po' di sollievo alla mamma. Nel mercato mi chiamavano "magro".
La mamma lavorava nel piano inferiore del mercato, dove tirava un vento incessante. Perciò mi ammalavo spesso di infiammazione d'orecchi. Ne risento gli effetti negativi a tutt'oggi. Avevo le mani spaccate dal freddo e dal peso. Anche quando sono arrivato alla Caritas per lungo tempo non riuscivo a guarire.
Quando mio fratello viene a vedermi, non oso avvicinarmi a lui, perché ho paura. Ricordo la sua faccia feroce, quando non si saziava di picchiarmi. Ora l'ha preso mio zio per curarlo. La madre dice che è un po' cambiato. La mamma è giovane ma sembra una vecchia.
La Caritas per me è tutto: calore, amore, infanzia.
La mamma, ad ogni visita chiede all'insegnante: "Promettimi per iscritto che quando morirò, mio figlio, dopo che lascerà la Caritas, non sarà dato nelle mani agli altri". Le chiede soprattutto di non consegnarmi nelle mani di mio fratello. So che mia madre non morirà, ma ho paura quando dice così.
A scuola studio con ottimi voti. Mi hanno rilasciato anche una lettera di merito e sono subito andato a mostrarla alla mamma. Voglio rallegrarla, cambiare il suo pianto con le lacrime di gioia. Voglio rallegrare anche il mio altro genitore che si chiama Caritas.
Mi chiamavano "magro" perché ero veramente magro. Neppure oggi sono un gigante, ma a quel tempo avevo gli occhi caduti dentro le cavità. E poi ero buffo con quegli orecchi fasciati con la benda. Avevo la faccia, la benda, le mani sporche di fango. Perciò si rideva di me. Un venditore mi ha anche fotografato e poi mi ha dato la foto. Quando mia mamma l'ha vista è scoppiata in lacrime. Mi ha detto poi di averla strappata. Mi é dispiaciuto ma forse aveva ragione: con questo gesto ha sepolto quegli anni della mia infanzia. Dio senz'altro assisterà mia mamma.


Ho 15 anni.
Avevo solo tre anni, quando la mamma mi ha lasciato. Io e mio fratello minore siamo rimasti con mio padre. Mio padre tornava a casa tardi, ci picchiava, bestemmiava. Vivevamo quasi nella fame. Talvolta, di notte io e mio fratello rimanevamo soli. Lui piangeva per la mamma ed io cercavo di tranquillizzarlo.
Un giorno freddo d'inverno, mio padre non era ritornato da 3 giorni, io e mio fratello morivamo di fame. Siamo andati in strada per mendicare, raccogliere qualcosa da mangiare... Dormivamo qua e là, sulle scale fredde. Dalle pattumiere prendevamo le bottiglie vuote e le vendevamo per pochi soldi. Così si guadagnava il pane.
Di notte non dormivo per non essere scorto dai poliziotti. Volevo solo che mio fratello mangiasse e dormisse bene. Succedeva che non mangiavamo per giorni interi. Passavamo le notti piangendo. Mio fratello si è raffreddato a dormire sulle pietre. Aveva dolori alla testa.
Intanto, durante tutti questi anni, la zia, la sorella del padre, ci ha cercato dappertutto e infine ci ha trovato in strada. La salute di mio fratello andava sempre peggiorando e la zia l'ha portato in ospedale. I medici hanno diagnosticato la meningite. Io giravo in strada, chiedevo soldi ai padroni delle macchine parcheggiate nel territorio dell'ospedale, per aiutare mia zia a salvare mio fratello. A guardare mio fratello mi si straziava il cuore e non mi si asciugavano le lacrime. Era lui l'unico senso della mia vita. Non potevo immaginare che Akaki non ci fosse.
La zia non aveva tanti soldi per curare mio fratello e ci ha aiutato il Governo. Dopo un certo tempo mio fratello è guarito. Ero felicissimo, mi sentivo rinato. Era una festa vedere ridente quel monello.
Eppure i problemi finanziari rimanevano: la zia non poteva mantenerci. Su consiglio dei vicini della zia, ci siamo rivolti all'organizzazione Caritas. Io sono entrato là, perché ero già grande (avevo 12 anni), mentre mio fratello è rimasto dalla zia.
All'inizio non fu facile adattarmi alla Caritas, ma poi ci sono riuscito. Cordialità degli insegnanti, vitto normale, letto pulito, caldo e morbido, una camera propria, amici… Mi credevo in una favola. Vedo spesso mio fratello e anch'io mi sento felice qui. Cercherò di studiare bene e ottenere qualcosa nella vita per avere migliori condizioni per me e per mio fratello.

 

Ho 14 anni.
Comincio a raccontare della mia gravissima e difficilissima vita passata, pur sapendo che il farlo mi ferirà ancora il cuore. Ma vorrei che tutti sapessero come vivono i poveri in Georgia.
Prima mia madre lavorava. Usciva la mattina e ritornava la sera tardi con al massimo 4 lari (equivalenti a 1,80 Euro). Io guardavo mio fratello e mia sorella. Io sono maggiore di loro. A quel tempo avevo 8 anni. Quando la madre ritornava, il padre la aspettava ubriaco e la picchiava. Poi le toglieva quei soldi che aveva guadagnato e ritornava a casa dopo 2-3 giorni ancora ubriaco. Si ripetevano gli stessi minuti terribili: il padre picchiava la madre e litigava con noi senza alcun motivo. È durato così a lungo. Da tante percosse mia madre si è ammalata e anche noi soffrivamo sempre la fame. Spesso si sognava anche di acqua, per non parlare del pane.
Dopo poco mio padre è andato a vivere dalla sua amante, ubriacona come lui, e ci ha lasciati. Mia sorella minore si è gravemente ammalata dalla fame. Così non si poteva continuare ed io e mio fratello siamo andati in strada per trovare un po’ di pane. Tra le immondizie cercavamo un pezzo di pane, o di altro cibo avanzato dai cani. Così abbiamo migliorato un po' la salute di mia sorella. Siamo andati a mendicare nel centro della città. Mia madre stava molto male, riusciva a fatica ad alzarsi dal letto. Così giravamo per tutta la città io, mio fratello e mia sorella. Quello che si trovava, si portava alla mamma. Poi mio fratello ha trovato un lavoro: guardava le capre di un vecchio vicino. Insieme con le capre portava anche il latte di capra. Mentre io e mia sorella portavamo i soldi mendicati, con i quali compravamo il pane. Così si mangiava.
Dopo lungo tempo, mia madre si alzò dal letto. A casa non avevamo nessun riscaldamento e per non raffreddarci ci mettevamo addosso tutti i cenci che avevamo in casa. Un giorno d'inverno, mia madre andando al lavoro è caduta. Non c'era nessuno che la potesse aiutasse. Perciò si è gelata le gambe ed è diventata invalida.
La nostra vita si è aggravata ancora di più. Nell'inverno freddo, noi bambini eravamo costretti a lavare il bucato con le nostre piccole mani nell'acqua fredda e a stenderlo ad asciugare ancora sporco, perché di più non potevamo. Piangevo continuamente. Il mio unico sogno era che mia sorella, mio fratello e mia madre stessero bene. Per me non volevo che la morte, perché non potevo più vedere le pene della mia mamma costretta a letto.
Più volte ho deciso di uccidermi ma non potevo abbandonare mia sorella più piccola, che sarebbe morta senza me e senza la mamma. Mio fratello avrebbe potuto sopravvivere, perché è ragazzo, mentre mia sorella rimaneva con mia madre invalida ma aveva bisogno di cure lei stessa. Pensandoci piangevo e accettavo la realtà. Spesso si pernottava in strada. Sognavo di mettere la testa sul cuscino. Così sono passati 4 anni.
Un giorno, in strada siamo stati avvicinati da un insegnante della Caritas che ci ha portati in questa organizzazione. Dopo di che la nostra vita è favolosamente cambiata: letto pulito e caldo, vitto, divertimento, amici, cordialità da parte degli insegnanti, come non ho mai ricevuto dai genitori. Ero felice. Quanto alla mamma, la nonna l'ha portata in campagna ed ora si sente meglio. Sto tranquillo per lei. Cercherò di ottenere qualcosa nella vita e crearmi un futuro migliore per me, per mia sorella, mio fratello e mia madre.

Lettere di ex-bambini di strada di Tbilisi, oggi ospiti della Casa Famiglia della Caritas Georgia

Vedi scheda, Georgia casa per i bambini

 

 

 



 

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