Con tutti

Pubblicato il 15-09-2023

di Matteo Spicuglia

Le parole hanno un peso, sono pietre. In alcuni casi possono diventare anche armi che uccidono veramente.
La stagione del terrorismo e degli anni di piombo ne è stata la prova. Il Sermig ha iniziato il suo cammino proprio in quel contesto: l’impegno per la pace da testimoniare di fronte alle guerre vere e proprie, ma anche alle più subdole, quelle che si combattono nel terreno delle ideologie.
Negli anni ’70 o ti schieravi, o non esistevi. Il dialogo era visto come una debolezza, un cedimento al buonismo.
Eppure, una terza via era percorribile. Quella della bontà che disarma, incarnata dall’utopia apparente di un arsenale di guerra da trasformare in arsenale di pace.
Ernesto e i suoi amici il 2 agosto del 1983 si trovarono di fronte a una sproporzione: 40mila metri quadrati di ruderi da ristrutturare non avrebbero potuto “essere di parte”. Servivano visione, determinazione, costanza, ma soprattutto l’impegno di tutti coloro che si sentivano pronti a mettersi in gioco. Credenti e non credenti, giovani e anziani, persone umili e di cultura, gente comune e personalità: le differenze non erano un ostacolo, ma ricchezza pura.

LA CHIAVE È LA BONTÀ
Ernesto lo intuì quel primo giorno, quando decise di entrare nell’Arsenale con una bibbia, con un crocifisso regalato al cardinale Michele Pellegrino dai detenuti di Torino, con i libri di Luisa Manfredi King, un’amica partigiana e non credente. «Io non volevo entrare solo a nome della Chiesa, - ricorda Ernesto - ma come umanità, come società tutta». Una visione che andava oltre ogni barriera fisica e mentale, perché al mondo esistono solo due grandi categorie: le persone di buona volontà e quelle che non ce l’hanno.
Il bene contrapposto al male, le opere di giustizia via della pace, l’impegno per un ideale diventarono così la piattaforma comune per costruire e progettare: è la bontà che abbatte i muri, disarma i cuori e che diventa l’unica chiave per dialogare con l’uomo, alimentando così la speranza.
Questo stile ha segnato tutte le tappe della vita del Sermig incrociando persone e situazioni agli antipodi. Una storia costellata di episodi di dialogo.

CON LE ISTITUZIONI
Con chi ha responsabilità nel campo civile e religioso. Dai primi incontri con papa Paolo VI e Giorgio La Pira al confronto con Giovanni Paolo II, passando per tutti i presidenti della Repubblica, da Sandro Pertini in poi.
L’idea che dietro ogni ruolo ci fosse soprattutto un’anima, con cui entrare in relazione e condividere progetti comuni.

CON CHI HA SBAGLIATO E VUOLE CAMBIARE
La prima lettera inviata all’Arsenale arrivava dal carcere di massima sicurezza di Palmi.
Un terrorista che a nome dei Nuclei armati proletari chiedeva di poter dialogare per uscire dal buco nero in cui era finito.
Fu l’inizio di un confronto che non confuse mai i ruoli e le responsabilità, ma che aprì ad alcuni ex terroristi una via di cambiamento e definì un metodo applicabile anche ad altre situazioni.

CON IL MONDO DELLA CULTURA
L’amicizia con Norberto Bobbio fu una carezza: un intellettuale, un uomo di pensiero, segnato anche dal dubbio. Fu lui a suggerire l’idea di una università del dialogo, uno spazio di formazione permanente in cui poter affrontare con cuore e mente liberi qualunque tema e problema. Da quella scintilla, è nata un’esperienza che ha permesso a migliaia di giovani di dialogare con maestri e testimoni di ogni campo e sensibilità. Senza paura, con l’unico desiderio di crescere e maturare.

CON LE GENERAZIONI
L’idea degli appuntamenti mondiali dei Giovani della Pace: portare periodicamente migliaia di ragazzi e ragazze nella piazza di una città per farli dialogare con i rappresentanti del mondo degli adulti, senza scorciatoie e paternalismo, ma partendo da ideali di bene. Un cammino passato da Torino, Asti, L’Aquila, Napoli, Padova, Bergamo e chissà da quante altre città in futuro.

DISPOSTI A CAMBIARE IDEA
Quattro esperienze, quattro spunti ancora vivi nella storia dell’Arsenale della Pace. Una sintesi: il dialogo come occasione per sedersi intorno a un tavolo, pronti a cambiare qualche idea, per provare a vedere nell’altro il proprio volto, una persona come me, con limiti e potenzialità che possono fare la differenza. Quarant’anni di storia dicono che al Sermig c’è posto per tutti. Guai se non fosse così.
 

Matteo Spicuglia
SPECIALE: Un Arsenale che parla
NP giugno / luglio 2023

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