BRASILE: la solidarietà è la miglior difesa

Pubblicato il 31-08-2009

di Alessandro Moroni


“La solidarietà è la nostra miglior difesa”. È il titolo della campagna in atto in Brasile, promotrice del referendum programmato per il prossimo 23 ottobre e mirante ad abolire il commercio privato di armi da fuoco e munizioni.

di Alessandro Moroni

In Brasile, si calcolano un totale di 18 milioni di armi da fuoco in circolazione. Si tratta del Paese al mondo col maggior numero di persone uccise da armi da fuoco: la media degli ultimi 5 anni parla di oltre 100 morti al giorno, il 30% di tutte le morti causate da cause non naturali.

Da qualunque punto di vista i dati vengano analizzati, il risultato è sconvolgente: il Brasile detiene il 3% della popolazione mondiale, ma l’8% delle morti per armi da fuoco. È l’unico Paese non in stato di guerra in cui si muoia più per arma da fuoco che per incidenti stradali (26%).

Le armi da fuoco sono la prima delle cause di morte per i giovani brasiliani, e se nel 1980 “soltanto” il 30% di queste morti sono state uccisioni, nel 2002 questa percentuale è balzata al 55%. Dal 1993 al 2002 gli omicidi tra i giovani tra i 15 e 24 anni sono cresciuti dell’88,6% a un tasso di crescita del 5,5% all’anno. Drammatico anche il costo per la società civile in termini economici: nel 2002 la sanità pubblica ha speso 50 milioni di euro per curare feriti da arma da fuoco.

Una prima inversione di tendenza si è osservata a partire dal 2004, allorché venne lanciata una campagna per la consegna volontaria di armi da fuoco (15/07/2004). Prevista inizialmente per durare sei mesi, il successo registrato (più di 400.000 armi consegnate nel periodo programmato!) ne ha suggerito la proroga fino al prossimo 23 ottobre, data prevista per il referendum sopra citato.

Tale campagna prevede per ogni cittadino la possibilità di consegnare la propria arma presso vari enti (polizia federale, chiese, sindacati), senza la necessità di doverne giustificare il possesso, con la possibilità di ricevere fino a 110 Euro come compenso. I risultati non si sono fatti attendere, se è vero che nello Stato del Paranà questa campagna ha ridotto del 20% il numero degli omicidi e del 34% i ricoveri ospedalieri per lesioni da arma da fuoco. Nello Stato di Sao Paulo il numero degli omicidi è diminuito del 18,5%, contestualmente a una diminuzione della quantità di armi in circolazione pari al 24%.

 E veniamo così a parlare del referendum del prossimo 23 ottobre, in occasione del quale si fronteggeranno due schieramenti parlamentari: il “Fronte per un Brasile senza armi” con 22 parlamentari (6 di sinistra, 10 di centro e 6 di destra), a favore della proibizione della vendita e distribuzione di armi; e il “Fronte parlamentare per il diritto alla legittima difesa”, con 14 parlamentari (5 di centro e 9 di destra), che difenderà lo status quo.

In sede di commenti, riteniamo giusto sottolineare alcuni dati incontrovertibili: una delle obiezioni normalmente poste a questo tipo di proibizionismo è che esso non serve, per esempio, ad impedire che i malavitosi abituali si procurino armi a volontà con cui perpetrare i propri crimini.

Purtroppo però, in un contesto di disagio sociale così endemicamente diffuso, ad incidere in proporzione soverchiante non è il delitto susseguente ad azione criminale diretta, come può essere la rapina, o il traffico di droga, o il regolamento di conti malavitoso; ma è invece il delitto che potremmo definire “di piccolo cabotaggio”.

Soltanto il 10% del quantitativo impressionante di armi “leggere” tuttora in circolazione in Brasile è di proprietà delle forze armate e di polizia, il resto appartiene a civili. Sono armi che finiscono per essere usate in risse per strada, o nei bar, o in famiglia, per vendette private, e in molte altre situazioni in cui una semplice colluttazione finisce per trasformarsi in un omicidio; e non v’è dubbio che nella stragrande maggioranza di questi casi l’impossibilità fisica di estrarre dalla tasca una calibro 38 e di premere il grilletto sarebbe stata sufficiente a salvare una vita umana.
Quante persone sbandate, o dedite all’alcool e alla violenza spicciola e quotidiana delle favelas avrebbero risorse sufficienti per accedere ad un’arma da fuoco in un regime di proibizionismo? Sicuramente molte meno di quante vi riescano oggi, dato che una pistola risulta agevolmente acquistabile in qualsiasi emporio.



Va anche considerato come l’uso delle armi per legittima difesa funzioni solo nei film...
mentre nella vita reale persone sommariamente addestrate non hanno il tempo di reagire ed usare l’arma: il cittadino aggredito che reagisce con un’arma corre perciò un rischio ancor più grande di essere ferito o ucciso. Senza tener conto degli incidenti che accadono ogni giorno e provocano vere e proprie tragedie (non si contano in Brasile i bambini che ogni giorno rimangono feriti per spari accidentali!).

Certo la misura oggetto di referendum non sarà di per sé sufficiente a far sparire la violenza da una società nella quale è profondamente, endemicamente radicata e che ha alla base motivazioni molto complesse di carattere economico, antropologico, culturale. È la mentalità solidaristica a livello individuale a dover essere promossa in Brasile, attraverso atti concreti che mirino alla costruzione di una mentalità rispettosa della vita e di una cultura di pace. A poco serve disarmare la mano, se non si disarma il cuore.

Alessandro Moroni

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