Una vecchiaia verticale

Pubblicato il 21-06-2022

di Flaminia Morandi

Sexagenarios de ponte deici oportet! diceva un detto romano. Buttiamo giù i sessantenni dal ponte! Non risulta che a Roma una simile mattanza sia stata mai messa in pratica se non metaforicamente, come quando alle Idi di Maggio si buttavano nel Tevere dei fantocci di giunco con le mani e i piedi legati: controfigure dei sessagenari del proverbio? Anche quando la vecchiaia non durava a lungo come oggi, anche quando la società non era misurata solo sulla produttività, nei confronti della terza età circolava un certo fastidio: tanto che Cicerone si sentiva in dovere di sottolineare che la “colpa” della vecchiaia non era l’età, ma il modo di viverla.

Il filosofo rumeno Andrei Pleşu fa notare che i protagonisti dei Vangeli sono dei giovani, dai diciott’anni di Giovanni ai trentadue di Pietro. Tutte le volte che si parla di “presbiteri” non ci si riferisce mai all’età, ma alla funzione pubblica: o membri del sinedrio o depositari della tradizione religiosa. L’unica volta in cui Giovanni usa quel termine è nell’episodio dell’adultera da lapidare: quando Gesù dice il fatidico «Chi di voi è senza peccato» e i primi ad andarsene sono i più anziani, ben consapevoli di essere carichi di peccati. Negli Atti, Apocalisse, Lettere cattoliche e di Paolo, “presbitero” significa perlopiù “prete” o “messaggero”: si fa strada l’idea, che poi sarà di Agostino, che non si è mai troppo vecchi per imparare e che l’avanzare dell’età richiede un ulteriore sforzo spirituale. Gli uomini anziani siano sobri, scrive Paolo a Tito, dignitosi, saggi, saldi nella fede… Le donne anziane non siano maldicenti o schiave del vino, ma sappiano insegnare il bene (Tt, 2,2-3).
Nella visione cristiana la vecchiaia venerabile non si calcola dal numero degli anni, dice sant’Ambrogio. Si calcola dalla purezza e dalla sapienza, dice Crisostomo. Ci sono vecchi immaturi e giovani saggi, come nel racconto dell’anziano del deserto che si arrabbia con un discepolo e lo scaccia; ma il giorno dopo lo ritrova fuori della porta e gli dice: «Entra; d’ora in poi tu sei anziano e padre, e io giovane e discepolo».

A volte nella stessa persona ci sono aspetti infantili e altri saggi. La vita interiore non ha un percorso lineare, prevedibile, pianeggiante, né conosce tecniche infallibili per “arrivare”. La sua caratteristica anzi è non arrivare mai. La mèta è sempre oltre. La vita spirituale è libera, sovranamente libera: come ogni persona, come la grazia, come il desiderio umano. Gregorio di Nissa la paragona al camminare nella nebbia “di inizio in inizio”, fino alla “giovinezza senza vecchiaia” del giorno senza tramonto. Bisogna rinascere “dall’alto”, dice Gesù a Nicodemo, e anche a noi. Come io ho calpestato la morte con la mia morte, voi calpestate la vostra vecchiaia con una vecchiaia verticale fatta di pazienza, silenzio, preghiera, accettazione della marginalità e della solitudine. Ma anche sorriso: un sorriso amabile, tenero, benevolo. Come il sorriso di Dio su di voi.


Flaminia Morandi
NP febbraio 2022

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