Strano ma vero!
Pubblicato il 04-06-2022
Mario Draghi, presidente del Consiglio, non va in televisione, non accetta inviti di nessun genere ai talk show, non partecipa ai dibattiti sotto la luce dei riflettori e non concede interviste massmediatiche di qualsiasi colore o parte siano; parla il minimo indispensabile e solo nelle sedi ufficiali… Non un uomo pubblico, ma praticamente un extraterrestre nel panorama italiano.
Matteo Salvini, leader di partito con il 17% dei voti, fa politica davanti alle telecamere, non si sottrae alle domande dei giornalisti, sfrutta ogni occasione che gli si presenta per piazzare il suo faccione barbuto in televisione e vive di proclami affidati all’etere che sono il suo vero programma politico. In una recente uscita mediatica, ha ripreso un tema a lui particolarmente caro, il ripristino del servizio militare di leva obbligatorio.
Umberto Galimberti, filosofo, accademico e psicoanalista, in un suo recente intervento sul mondo giovanile, tra le altre cose, ha auspicato il totale allontanamento a scopo terapeutico dei genitori dal mondo della scuola e un ritorno a un corpo docente svincolato da ogni tipo di ingerenza che nulla ha a che fare con la didattica, i suoi tempi e le sue regole.
Tre personaggi noti che poco altro hanno in comune se non il fatto che in queste loro convinte prese di posizione, in qualche maniera si contrappongono a un modo di essere e di pensare molto diffuso tra i giovani e al loro quotidiano menage popolato di falsi idoli e spropositate tutele. L’apparire innanzitutto, stella polare di una generazione che per esistere deve vivere perennemente connessa e possibilmente di fronte a uno smartphone acceso in modalità video, essere rilanciato sui social, inseguire a ogni costo nuovi contatti e like, trasformare ogni gesto, ogni azione e ogni scelta in immagine da consacrare all’etere pena un oscuro e misterioso oblio. Non già uscire con gli amici e dare sfogo alla corporalità e fisicità tipiche della gioventù ma rinchiudersi nel proprio mondo, spesso la propria stanza, per dedicarsi e donarsi allo schermo nella penombra elettronica, al riparo dalla società reale.
Anche l’obbligo di leva, tanto caro a Salvini, è per loro uno spauracchio del passato, destinazioni lontane da casa, ordini e divise non li rapiranno più per i consueti 12 mesi di naja, lontano dalla famiglia e dalle sue dinamiche iperprotettive. Il termine obbedienza, tanto abusato in caserma quanto sconosciuto tra le mura domestiche, è scomparso dallo scarnificato lessico giovanile. Il militare peraltro non è sicuramente la soluzione del problema. Il servizio civile e una forma organizzata di volontariato, li porterebbero sicuramente nella direzione giusta. E per finire la scuola, l’ultimo baluardo di educazione e socializzazione imposto dalla Stato, sempre più imbavagliata e condizionata da orde di genitori che aspirano in ultimo non già alla formazione dei rampolli ma esclusivamente alla loro protezione, quasi che la comunità scolastica e il corpo docente fossero un temibile avversario da combattere e non uno strumento di crescita, di confronto e perché no, di sfida con se stessi e i propri limiti.
La pandemia che continua certo non aiuta a sconfiggere paure e solitudini degli individui, ma sinceramente troppe tutele e sicurezze rischiano di impedirci di riuscire a rompere il guscio che ci stiamo costruendo intorno.
Michelangelo Dotta
NP febbraio 2022