Mai più orfani

Pubblicato il 24-08-2020

di Flaminia Morandi

Natale è la festa della famiglia, ma la famiglia è sotto attacco. Non solo oggi. Nel IV secolo dopo la nascita di Cristo nella Santa Famiglia, c’era in Cappadocia, nella Turchia centrale, un movimento di cristiani nemici della famiglia che faceva capo a un asceta di nome Eustazio. Avevano in orrore il matrimonio al punto da non entrare nelle case degli sposati, che trattavano con disprezzo perché indegni del regno di Dio.

Non partecipavano alla divina liturgia se era celebrata da un prete sposato. Giravano vestiti con un mantellaccio buttato su una spalla e “delle scarpe di cuoio non cucite”, segno di un disprezzo per la società che a noi oggi sfugge, perché siamo diventati analfabeti del simbolo. Ce l’avevano con ogni forma di istituzione, ma lo scandalo peggiore erano le donne del gruppo, vestite allo stesso modo degli uomini: uno spiraglio da cui si intuisce però l’aspetto positivo del movimento, l’aspirazione all’uguaglianza dei sessi e alla libertà spirituale del “non c’è più né uomo né donna” della lettera ai Galati di san Paolo.

Lo sappiamo bene: sì, la famiglia può essere luogo di violenza, dove l’amore viene negato dal sangue, dalla carne, dal possesso, dalla passione, dalla riduzione dell’altro alla propria volontà. Ma la Parola eterna che tutto ha creato ha preso una forma comunicabile, un’immagine accessibile all’uomo proprio nella famiglia umana.

Il Figlio che nasce non viene sulla terra in una forma perfetta, per dimostrare la perfezione assoluta dell’amore di Dio. No, viene in una storia di fragilità, di tragedia, dove la sua famiglia viene sballottata dal massiccio impianto amministrativo dell’impero romano, trova posto solo in una grotta, simbolo del mondo immerso nelle tenebre, ma anche grotta uterina simbolo della fecondità della terra che finalmente nel Figlio è libera di esprimersi. E’ scaldato dal fiato di un bue e di un asino, perché solo i “senza parola” sono capaci di riconoscere chi è davvero il Signore.

La Santa Famiglia ci dice che l’uomo non può darsi la vita da se stesso, che è esistenzialmente uno che dipende dalle relazioni con gli altri, occasione continua per uscire dal nostro egoismo: e la famiglia è il primo luogo dove l’uomo può sperimentare che amare significa scegliere l’altro al posto di se stesso. Ci dice che non è il sangue ad essere criterio di unità della famiglia, non è la genealogia, ma l’amore messo in pratica, la lotta spirituale quotidiana per andare oltre noi stessi, oltre la propria volontà. Il Figlio ci dice che nasciamo in una famiglia per diventare come lui è: figli di Dio.

A Natale non siamo più orfani. Scopriamo che davvero la famiglia può essere il sacramento dell’amore. Può essere il luogo dell’irruzione della trascendenza. Può celebrare la liturgia quotidiana in ogni suo umile atto, può celebrare ogni giorno la sua eucarestia: il sacrificio nascosto per l’unità nella comunione.

Flaminia Morandi
NP dicembre 2019

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok