La famiglia tra creazione e realtà

Pubblicato il 02-12-2020

di Davide Bracco

A volte scattano strani cortocircuiti del tutto inaspettati. Mentre scrivo si sentono dal balcone di casa suoni dimenticati quali ragazzi che sciamano vivaci verso scuola inseguiti da genitori che arrancano inseguendoli. Le famiglie riprendono il loro modo di vivere e così speriamo.
E di famiglie al cinema volevo scrivere.

Durante la scorsa Mostra del Cinema di Venezia sono stati proiettati due lavori diversi ma simili che ritraggono famiglie presunte ma anche reali seppur inventate. Uno scambio di vero, falso e verosimile che uno strumento truffaldino come il cinema, capace di fondarsi su una illusione quale la finzione del movimento dato dallo scorrere sulla retina di tante immagini fisse, sa ben maneggiare.

Pierpaolo è un medico sposato con Ludovica, affermata regista. Il loro figlio Federico è un laureando in filosofia tiranneggiato da un barone universitario che gli preferisce qualunque altro studente. Le loro vicende si incrociano con quelle di Bruno, primario amico di Pierpaolo, e di sua moglie Gaia, nonché con quelle di Claudio e Carlo, due fratelli che gestiscono un’armeria e fanno parte di un gruppo neofascista. Completano il quadro le mogli e i figli di Carlo e Claudio, e un sulfureo personaggio che resterà (di fatto) innominato e che compare solo all’inizio e alla fine. Questa è la sinossi del primo film come regista/scenggiatore di Pietro Castellitto, Predatori, apprezzato a Venezia e vincitore di un premio per la sceneggiatura. Un lavoro che è un incontro/ scontro generazionale e sociale tra nuclei familiari diversi rappresentati con un tono grottesco che rimanda alla migliore tradizione della commedia all’italiana implacabile nel tratteggiare con crudele ironia i difetti italici.

Il regista è nella vita reale figlio dell’attore Sergio e questo crea delle facili curiosità nell’immaginare quanto di autobiografico sia colato nella storia del film. Un mix tra vero/falso che invece non avviene nel documentario The Rossellinis che un “nipote d’arte” Alessandro dedica al suo nonno Roberto, il nume tutelare del cinema italiano, creatore del neorealismo. Un uomo ingombrante, sia sul piano professionale sia su quello privato, che ha finito con il condizionare l’esistenza dei suoi discendenti nonché di coloro che con essi hanno avuto legami affettivi. L’arduo compito che il regista/nipote si impone è quello di far parlare tutti, a partire da suo padre Renzo, di quel nonno così abile nel portare l’umanità sullo schermo ma meno versatile nella disponibilità nei confronti di chi gli stava vicino. Due visioni diverse di una realtà sociale così primaria e controversa quale la famiglia.

Davide Bracco
NP ottobre 2020

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok