La rivoluzione

Pubblicato il 20-06-2020

di Michelangelo Dotta

In questo nostro immobile quotidiano rivoluzionato nei tempi e nei modi, stiamo imparando a riscoprire e ed apprezzare il valore di tante cose e a rivisitare lo spazio che abbiamo a disposizione con occhi e sensibilità diversa. Subiamo a vario titolo l’azzeramento di tutti i parametri che ritenevamo indispensabili per la nostra sopravvivenza e ci accorgiamo, giorno dopo giorno, che pur con grandi angosce, che in buona parte stiamo semplicemente rinunciando al superfluo. Senza di fatto un “fuori” in cui muoverci liberamente, mostrarci e condividere passioni e ritualità consolidate, agire indisturbati e in pieno diritto soddisfare ogni nostro desiderio, il quotidiano che si srotola tra le pareti domestiche ridefinisce un orizzonte limitato e quanto mai sconosciuto ove le finestre, il balcone, o il piccolo terrazzo, sono le uniche propaggini che si protendono e ci agganciano al mondo circostante. Sinceramente molti di noi non si erano mai accorti del dirimpettaio che fa ginnastica o innaffia i vasi guardandosi intorno appoggiato alle ringhiera, della vicina che stende i panni e sistema il miglio nella gabbietta dei canarini, della portinaia di fronte che spazza e lava il passo carraio o delle luci del grande palazzo che ci guarda imperioso oltre la strada che, come in una danza, si accendono una dopo l’altra al calare della sera… gesti ed atmosfere che ci accompagnano da anni ma che, evidentemente, non avevamo mai avuto voglia, tempo, e gusto di osservare. 

Oggi come oggi sono la manifestazione più viva e reale di un mondo a noi prossimo cui possiamo partecipare solo con lo sguardo, uno spazio vitale in cui ci riconosciamo come attori che recitano a distanza il medesimo copione e poi, chiuso il sipario, si ritirano in camerino. E sì, la casa, per quanto spaziosa possa essere, ci sta ci sta diventando tremendamente stretta, ma anche uscirne, ricuperare spazi esterni, fare puntate guardinghe e protette in un mondo che tutto ad un tratto sembra esserci diventato ostile, non ci permette di assaporare i piaceri e l’armonia di una vita normale, quella routine di tutti i giorni che sembra essersi fatalmente interrotta. L’aperitivo con gli amici di sempre lo consumiamo su Zoom, sulla salute dei parenti ci informiamo via Skype mentre si trascorrono le ore parlando al cellulare sempre dei medesimi argomenti.

 

Chi ha la possibilità lavora da casa in smart-working al computer scoprendo, giorno dolo giorno, di superare volutamente, e con malcelato gusto, l’abituale orario d’ufficio. Nel frattempo aspettiamo indicazioni chiare che non arrivano, cerchiamo di interpretare i Dpcm ma la confusione aumenta, leggiamo dati e statistiche sui giornali e mettiamo perfettamente a fuoco il significato della parola caos. Questa rivoluzione cui siamo costretti sta lentamente cambiando il volto della società in cui viviamo, ma l’aspetto che più logora i nostri pensieri, è la netta percezione che a questa emergenza, ad oggi, nessuno ha ancora osato affiancare la parola fine.

 

Vedi il focus Riflessioni in tempo di Covid 19

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