Il rischio di vivere

Pubblicato il 18-08-2020

di Flaminia Morandi

Si racconta che il filosofo russo Fedorov, nei suoi ultimi anni bibliotecario a Mosca, dava a ogni frequentatore non il libro che chiedeva, ma quello che, secondo lui, era pronto a leggere. Sembra bizzarro, ma chi ama leggere sa che i libri hanno un’anima e a volte dagli scaffali reclamano di essere letti con il linguaggio muto dell’attrazione.
Così mi è saltato in mano il libro del gesuita Pino Stancari sul Qohelet.

Proprio ora, proprio nel mezzo della pandemia. Il tempo e il caso raggiungono tutti… l’uomo è sorpreso dalla ventura improvvisa che s’abbatte su di lui, dice Qohelet (Qo 9,11-12). La nostra condizione umana è esposta a rischi incredibili, gli avvenimenti precipitano in modo irreparabile. Per quanto mi sforzi di stare a galla, sono trascinato in un vortice e mi ritrovo in una situazione imprevista, che mi dimostra quanto sono fragile. Una mosca morta guasta l’unguento del profumiere, dice Qohelet (Qo 9,17).
C’è una sproporzione tra la causa del disastro, una banale mosca, e il profumo prezioso che dev’essere buttato, tutta la fatica, il lavoro, il coraggio per fondare, far crescere qualcosa, un’impresa. Tutto vanificato in un attimo.

C’è un male che ho osservato sotto il sole: l’errore commesso da parte di un sovrano: la follia viene collocata in posti elevati e gli abili siedono in basso (Qo 10,5). Ah, qui si parla di politici. Qohelet non giudica, troppo saggio e spiritoso per farlo, si stupisce della stramberia del cuore umano, capace di prendere decisioni tanto sballate. Com’è possibile che in un ruolo così alto ci stia una persona così fallibile? Chi scava una fossa ci casca dentro… chi disfa un muro è morso da una serpe (Qo 10,8).

Succede come nel gioco del go down: mentre si cerca di porre rimedio alla disgrazia “madre”, si susseguono una valanga di disgrazie “minori”, di errori da cecità, di scivoloni. Guai a te, Paese, che per re hai un ragazzo (Qo 10,16). Uno può essere adulto per l’anagrafe, ma infantile nella consapevolezza, nella responsabilità. Governa e non capisce quello che sta succedendo, non sa interpretare. Allora?
Arriva il consiglio di Qohelet. Getta il tuo pane sulle acque, perché con il tempo lo ritroverai. Fanne sette o otto parti, perché non sai quale sciagura può succedere sulla terra (Qo 11,1-2).
Gettare il pane, la sostanza della vita: gettare la propria vita. Non solo, il pane deve essere spezzato, distribuito in sette, otto parti. Davanti al rischio che è la vita, dice Qohelet, rischia.

Non trattenere, dona. Sei immerso in un mistero che è la vita, che non puoi controllare né dominare né governare.
È il mistero della trascendenza assoluta. Ebbene, che fai, ti nascondi?
Hai paura? Adamo ha perduto il paradiso dicendo: Ho avuto paura, mi sono nascosto. Tu, al contrario, cogli l’occasione che il mistero ti offre: immergiti, tuffati, abbandonati alla corrente! Questo mistero è casa tua.
È pronto ad abbracciarti, perché hai attraversato l’inferno. Senza paura.

Flaminia Morandi
NP maggio 2020

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