Il primo passo

Pubblicato il 19-09-2021

di Max Laudadio

Ieri ho ricevuto la telefonata di una mia cara amica, una suora che vive la sua missione in zone dove la vita non ha valore, perché si uccide e si muore anche solo per mangiare una mela. Luoghi così nel mondo ce ne sono molti, ma alcuni sono peggio di altri.

Chi vive in questi posti spera in un futuro diverso, magari anche scappando e abbandonando tutto, ma senza veramente sapere che trama prenderà la sua storia. La mia amica per anni ha fatto combaciare la sua esperienza da infermiera con quella di educatrice, salvando centinaia di vite e dando speranza a decine e decine di bambini. Poi, quando il Paese che la stava ospitando ha aumentato la sua violenza, incrinando anche le certezze che sembravano acquisite, è riuscita a creare un ponte d'amore con l'Italia facendo arrivare in una casa ad Assisi una ventina di bambini del suo orfanotrofio haitiano.

Il progetto è cresciuto in poco tempo, e i bambini si sono inseriti facilmente nella nuova realtà, anche perché la suora ha continuato a dar loro quell'amore che solo una madre può concedere. Eh sì, perché nonostante sia una suora, non c'è madre che potrebbe insegnarle cosa significhi crescere un figlio, perché lei lo ha già fatto con circa centocinquanta bambini.
Purtroppo però, nonostante l'inserimento di tutti i ragazzini nella scuola italiana, la loro partecipazione ad attività sportive, culturali, sociali e spirituali, ma anche la vicinanza continua di molti volontari, il tribunale ha deciso che non potevano continuare a vivere tutti insieme in un'unica casa e che quindi dovevano essere affidati a coppie disposte ad accoglierli.
È evidente che in Italia le leggi sono molto diverse rispetto ad Haiti, anche perché da noi la tutela dei minori è una priorità, e principalmente si cerca di evitare che nessuno riesca a speculare su queste anime pure.
Sta di fatto però che la suora non ha accettato la decisione del giudice, e l'ha impugnata con la giustificazione che i "suoi" bambini avrebbero subito un trauma troppo grande se avessero dovuto lasciare di nuovo la loro casa, ma anche semplicemente i loro amici.
Devo dire la verità, inizialmente ho sposato la sua linea, mi sembrava razionale, giusta, equilibrata. E anche quando leggevo nei suoi occhi la paura, forse determinata dalla consapevolezza che presto i piccoli non sarebbero stati più con lei, ho cercato di darle coraggio.
Ieri al telefono però, la suora mi ha raccontato l'evoluzione della storia, ed era molto triste perché per evitare che i bambini fossero affidati ad altri ha deciso di riportarli tutti nel loro Paese di origine.

Sinceramente non ho capito il perché di questa sua scelta drastica e nemmeno come mai mi avesse creato un certo malumore, ma poi mia moglie ha avuto la capacità di tradurre le mie emozioni e mi ha posto una domanda: è veramente giusto far tornare i bambini nell'inferno dal quale sono scappati e togliere loro la possibilità di un futuro migliore in compagnia di una famiglia che li ama?

E poi ha continuato: la suora dice sempre che i suoi progetti li affida a Dio, e che i bambini stanno con lei perché Lui ha voluto questo, e anche che nessuno conosce i suoi figli meglio di lei. Ma Max dimmi la verità, non credi che forse tutta questa storia, tribunale compreso, potrebbe essere invece una grande occasione che Dio sta dando ai ragazzini? Mia moglie mi lascia spesso senza parole e anche questa volta c'è riuscita. Forse, come una qualsiasi madre, la suora non riesce semplicemente a staccare il cordone ombelicale e rischia, per un sentimento molto contrastato e sicuramente comprensibile, di fare l'errore più grande della sua vita impedendo ai ragazzini di prendere il volo. È evidente che l'importanza della suora nella loro crescita non verrà mai messa in discussione, e questo è certo, ma oggi forse servirebbe che lei riuscisse a modificare il ruolo che ha sempre ricoperto dedicandosi invece a dare ai bambini gli strumenti per affrontare questa nuova strada, che necessita solo di coraggio.

Oggi è tutto il giorno che penso a questa possibilità, forse perché sento di dover parlare con la mia amica, anche a costo di perderla, perché questo è il vero rischio. E anche io, da ore, sono alla ricerca del coraggio necessario per farlo. La cosa certa però, è che da storie come questa, dovrebbero nascere molte riflessioni.

La prima per cercare di farci comprendere quando la volontà di Dio si concretizza veramente, visto che è facile travisare il suo messaggio e spesso unicamente per colpa dei nostri desideri personali. La seconda riflessione invece, dovremmo dedicarla ai limiti umani con i quali ci scontriamo quotidianamente, che siano essi ideologici o fisici, e per far si che finalmente ci arrivi la forza per superarli e accettarli. La terza e ultima considerazione, andrebbe fatta sulle ragioni che fanno scaturire in noi la paura, perché se è vero che basta il coraggio per sconfiggerla, è altrettanto vero che lei si ripropone sempre, ogni giorno, e spesso anche mascherata da altri sentimenti. E secondo me, riuscire a riconoscerla, è il primo passo verso la libertà.


Max Laudadio
NP maggio 2021

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