Musica, silenzio!

Pubblicato il 05-12-2020

di Mauro Tabasso

Ieri sera ho visto in streaming il film Aquaman, uno dei tanti della famiglia dei Supereroi Marvel. Porca miseria che invidia! Che Marcantonio, che muscoli ‘sto tipo, capello e barba incolti/trasgressivi, tatuaggi che sembrano squame, e poi come viaggia nell’acqua. Io non sono mai stato un fenomeno a nuotare; però se mi dessero la parte di Acquavite-man in un film qualunque, ecco, quella sì che mi verrebbe veramente da dio. In fondo ho sempre pensato che l’acqua sia per uso esterno.

E la musica? Per che uso è la musica? Me lo sono domandato spesso. A buon senso si potrebbe dire che anche lei è per uso esterno. Insomma, tra i suoi impieghi principali ci sono sicuramente la ricreazione, i concerti, i palchi, i teatri, il pubblico, e poi le danze, le balere, le discoteche, che quest’estate hanno acceso discussioni e destato tanto clamore. Tra i suoi impieghi c’è anche la ritualità, dove da sempre la musica ricopre un ruolo quasi sacro. Ma c’è anche un uso spesso sottovalutato o taciuto: quello bellico. Da tempo immemore alla testa degli eserciti c’è uno stuolo di fiati e di tamburi che aiutano i soldati a marciare ordinatamente, infondendo loro coraggio e aiutandoli e non concentrarsi sulla fatica, intimidendo gli avversari allo stesso tempo. L’uso militare (inteso come offensivo) della musica è forse quello più antico e più “esterno” di tutti. Spesso lo neghiamo perché siamo dei romanticoni inguaribili, convinti che essa debba servire a creare dialogo e a diffondere la cultura della pace. Raccontatelo al trombettiere del Generale Custer, il primo uomo a cadere nella battaglia di Little Bighorn (25 giugno 1876). La sua tromba infatti (sistema ancora in uso presso le truppe francesi nella “recentissima” guerra del Vietnam) costituiva l’unico mezzo che il generale aveva per impartire ordini in una calca di uomini, cavalli, spari, frecce, urla e chissà cos’altro. Il trombettiere con i suoi squilli altisonanti trasmetteva gli ordini del comandante, e questo faceva di lui un obiettivo altamente sensibile, senza il quale l’esercito sarebbe stato virtualmente decapitato. La musica è come innumerevoli altre scoperte e invenzioni dell’uomo, rese buone o cattive dall’uso che ne facciamo. Ma sono convinto che oggi sia tornato di grandissima attualità un sanissimo uso interno della musica.

Possiamo utilizzarla per rilassarci, per distrarci o per concentrarci meglio, o semplicemente per gustare in intima tranquillità la sua bellezza. Ingerirla, digerirla, interiorizzarla, alternandola a grandi distese silenziose è un modo stupendo per ritrovare noi stessi e il nostro spazio emotivo, lontano dal mondo, dai media, dai social, dai programmi che ci portano distante da chi o da ciò che siamo veramente. Il silenzio sta alla musica come l’acquavite al nostro corpo. Bevuta tutti i giorni, intossica e crea dipendenza, ovvero schiavitù. Gustandola ogni tanto, non solo si vive più a lungo, ma la si assapora diversamente. Lo stesso è per la musica. Se non ripuliamo le orecchie con un po’ di sanissimo silenzio, non solo non riusciamo più ad ascoltarla, ma non sentiamo più nemmeno la nostra voce (visto che di solito è nel silenzio che ci parla). Così diventiamo schiavi del rumore, che ci rassicura perché non ci fa sentire altro, ma ci porta via dal posto che è stato pensato da noi. Lontano da quel posto, come Aquaman nel deserto, come me lontano da una cantina, non possiamo che essere infelici.

 

Mauro Tabasso

NP ottobre 2020

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